Un test della saliva permette per la prima volta di diagnosticare i traumi cranici di cui sono spesso vittima gli sportivi.
Utilizzando le tecniche di sequenziamento genetico, il gruppo dell’Università di Birmingham guidato dai ricercatori italiani Valentina Di Pietro e Antonio Belli è riuscito a identificare nella saliva 14 biomarcatori del trauma cerebrale. Lo studio, pubblicato sul British Journal of sports medicine e riportato da Ansa, è stato finanziato anche dalla Rugby Football Union britannica.
I campioni di saliva sono stati prelevati da 1.028 giocatori professionisti del campionato inglese di rugby nel 2017-2018 e 2018-2019, a inizio e fine stagione. Il test è stato eseguito durante, dopo e a 36-48 ore dalla partita, a 156 sportivi che avevano avuto un trauma in campo, a 102 giocatori che non avevano avuto traumi, e a 66 che avevano dovuto abbandonare il campo a causa di lesioni muscolo-scheletriche.
I dati raccolti hanno permesso di identificare 14 biomarcatori nella saliva. piccole sequenze di Rna (micro-Rna) che hanno permesso di individuare con un’accuratezza del 96% i giocatori che avevano subito un trauma cranico: un risultato sovrapponibile a quello ottenuto con il protocollo utilizzato nel campionato d’elite di rugby.
“Per la prima volta abbiamo identificato con successo dei biomarcatori specifici nella saliva da usare per capire se un giocatore ha avuto una commozione cerebrale. Questo test non invasivo da laboratorio della saliva segna davvero una svolta”, commenta Belli, “Il nostro è un test di laboratorio, che sfrutta la stessa tecnica usata anche per i tamponi molecolari del Covid – spiega Di Pietro – Questo esame della saliva è indicato per la fase acuta, subito dopo l’evento, per avere una diagnosi immediata”. Il test, provato anche sui giocatori di calcio della Premier League inglese e di cricket, potrebbe essere impiegato non solo nello sport, ma anche nelle strutture sanitarie e militari.
Presto verrà sperimentato su donne, giovani e ad altri sport di comunità per validare i risultati, con l’obiettivo di arrivare ad avere in 3-5 anni test rapidi da poter fare a bordo campo.
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