Scoperti grazie a una tecnica messa a punto in Italia nuovi anticorpi capaci di contrastare l’infezione del virus SarsCoV2 responsabile della pandemia di Covid-19, della sua variante inglese (o alfa, secondo la nuova nomenclatura). Gli anticorpi sono in grado di bloccare anche altri coronavirus. Il risultato, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, è stato ottenuto nei laboratori del CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli. I ricercatori sono della Task Force Covid-19 finanziata dalla Regione Campania. Obiettivo del progetto è stato individuare “nuovi anticorpi umani utili per inibire l’infezione del virus SarsCoV2″. La coordinatrice della ricerca è Claudia De Lorenzo, ordinario di Biochimica presso il dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università Federico II e principal investigator del CEINGE.
Il punto di partenza è stata l’analisi di frammenti di anticorpi umani, fra i quali sono stati selezionati quelli che avevano delle affinità. In questo modo sono stati identificati anticorpi in grado di legare in modo specifico la proteina Spike, la principale arma con cui il virus SarsCoV2 si aggancia alle cellule. “Abbiamo scelto una regione specifica della proteina Spike, che sappiamo essere presente sul rivestimento virale e che è responsabile dell’interazione con il recettore ACE2 sulla superficie delle cellule delle nostre vie respiratorie”, ha aggiunto De Lorenzo. Alcuni degli anticorpi ottenuti, ha aggiunto, “si sono dimostrati capaci di inibire l’infezione di colture cellulari umane del virus SarsCoV2 e della sua variante inglese”.
La nuova tecnica utilizzata, affermano i ricercatori, potrebbe consentire in futuro di isolare altri anticorpi specifici. Aiuterebbe a determinate regioni dei bersagli molecolari che svolgono un ruolo chiave nella patologia che si intende combattere. Un altro vantaggio della tecnica è che permette di generare anticorpi che non inducono infiammazioni e che, di conseguenza, non dovrebbero provocare effetti collaterali indesiderati.
Isolati in colture cellulari, i risultati dovranno adesso essere confermati e validati in vivo. Alla ricerca hanno collaborato i gruppi diretti da Massimo Zollo e da Nicola Zambrano, entrambi dell’Università Federico II e principal Investigator del CEINGE, con il contributo dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno. Nel gruppo di Claudia De Lorenzo hanno lavorato al progetto anche le ricercatrici Margherita Passariello, assegnista di ricerca, e Cinzia Vetrei, dottoranda presso il dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche della Federico II.
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