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Leva obbligatoria: un servizio per la comunità?

“Un servizio nazionale, a breve termine, obbligatorio e universale”. Con queste parole, qualche settimana addietro,  il presidente Macron ha espresso la volontà dell’attuale governo francese di reintrodurre una versione edulcorata di quella che fu la coscrizione militare obbligatoria abrogata nel 1996 dall’allora presidente Chirac. Quest’ultimo sostenne che la leva obbligatoria non rispondesse più alle esigenze di un esercito moderno in un grande Paese moderno. In poco più di vent’anni il mondo è cambiato radicalmente e così la stessa Francia che, pur continuando ad essere una potenza militare e neocoloniale molto influente sullo scacchiere globale, è oggi bersaglio di attacchi paramilitari non ortodossi definiti comunemente come “atti terroristici”, direttamente nel cuore delle sue principali città. Quello che era moderno fino a ieri, è in poco tempo divenuto obsoleto a seguito dei frenetici processi di globalizzazione che interessano anche le strategie delle organizzazioni terroristiche.

Ufficialmente si tratterà di un “Servizio nazionale” rivolto ad entrambe i sessi, con carattere principalmente civile che preveda anche la possibilità – non la necessità coatta – di optare per una formazione militare vera e propria. È probabile che le reali intenzioni del governo Macron siano al contrario speculari ma difficili da avanzare di primo acchito in modo esplicito, all’opinione pubblica ormai abituata ad una forma di cittadinanza sempre più oziosa e deresponsabilizzata.

In Italia, è stato il leader leghista Matteo Salvini a proporre la reintroduzione della leva obbligatoria come antidoto alle derive sociali che incombono sui giovani in questo particolare momento storico. La scrittrice Susanna Tamaro è intervenuta nel “non dibattito” nazionale per denunciare il carattere della società attuale, “società dei ‘diseredati’: giovani a cui non è stato trasmesso nulla di ciò che è davvero fondante, senza radici e senza capacità di immaginare e di costruire il futuro”.

La cultura delle armi non è la risposta all’imbarbarimento culturale e politico di cui vanno trovate le cause che non possono certo essere risolte con i fucili e gli elmetti. L’equivoco nasce da una certa tradizione liberale che storicamente ha voluto interpretare ogni forma umana di disciplina come sinonimo di oppressione dell’individuo, quando invece, proprio nel riconoscimento e nel rispetto di certi doveri, verso se stessi e verso il prossimo, risiede la vera libertà.

Il Servizio Civile Nazionale è attualmente universale e volontario, rivolto esclusivamente ai giovani sotto i trent’anni. Rendere obbligatorio un periodo di lavoro utile alla propria comunità, potrebbe rappresentare un importante servigio reso al benessere individuale di noi cittadini ed il vero antidoto a quell’individualismo dilagante che tutti lamentano, ma che nessuno sembra interessato a debellare facendo il primo passo.

Fabrizio Torella

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