Il governo centrale vuole limitare i poteri delle Regioni, almeno in situazioni come quelle della pandemia Covid 19, ma già alcuni “governatori”, per per principio, alzano i ponti levatoi e a palle infuocate rispondono furiosamente alla iniziativa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I più agitati, e tra tutti spiccano il presidente Veneto Zaia, e quello ligure Toti, sostanzialmente accusano l’Esecutivo di voler invadere pretestuosamente l’ambito di autonomia regionale e sibillinamente sostengono di voler imporre un secondo regime “lockdown”. Altri presidenti, incoraggiati dal leader leghista Salvini, come il presidente Friulano, mettono in guardia il governo da astenersi di chiudere alberghi, ristoranti e bar. Insomma si ripete la nefasta dinamica politica di questa primavera, quando dopo i tanti morti e decine e decine di infettati, ai primi risultati confortanti di decrescita del contagio, si iniziò da parte regioni il pressing per il liberi tutti.
Dopo i ripetuti e ripetuti inviti a restare a casa, che in verità ha visto gli italiani ordinatamente adeguarsi, arrivò quello che fu subito percepito come un contrordine. In quel frangente fu chiaro di come i governatori fossero in competizione con il governo centrale per la “restituzione della libertà”. Ed ecco che si fu frastornati da una ridda di inviti a riaprire: persino balere e stabilimenti balneari con relative zone ludiche che presuppongono movida e comunque convivenza molto ravvicinata tra persone.
Poi questa estate abbiamo visto quello che è accaduto: in molti casi si è andati molto oltre la ordinarietà nell’ambito del divertimento nella calca. È stato dunque molto chiaro soprattutto per i giovani: finché la consegna è stata di rigore, tutti si sono attenuti al rigore; quando invece il segnale è stato tutto è finito, si sono immediatamente adeguati con senso di liberazione. Qualcuno dirà che altri paesi stanno peggio di noi, ma noi non sappiamo ancora nulla di una recrudescenza autunnale che potrà metterci in maggiore difficoltà di come siamo già oggi.
Quello che trovo assurdo in situazioni di emergenza del paese, è quello di dividersi per principio: le amministrazioni regionali di destra a contestare ed a rivendicare autonomia, e quelle di sinistra ad essere a sostegno del governo per partito preso. Il fatto di nazionalizzare le decisioni, lo trovo come una decisione di buon senso per svariati motivi persino molto banali.
Ed allora il governo centrale prosegua nella gestione nazionale della pandemia, ma con un forte raccordo con i sistemi della sanità dei vari territori del paese, le università, le forze dell’ordine e con le varie categorie professionali e del lavoro in generale. Sono sicuro che in questa collaborazione si troveranno tutte le occasioni per dare una buona risposta alle preoccupazioni dei cittadini, ancora frastornati dalla dolorosa esperienza di mesi fa; esperienza che certamente ognuno vuole evitare nuovamente. Morale: se si vuole la dialettica politica a tutti i costi lo si faccia sulle vicende economiche del paese. Sulla emergenza sanitaria si deve solo collaborare all’unisono dando esempio di compostezza agli italiani.
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