Obama, Hillary, Kamala, Warren… Il palco etereo della convention democratica, questa volta, porta i pezzi grossi. L’ex presidente, di cui Joe Biden fu spalla per otto anni; l’ex avversaria di Donald Trump, che accompagna il passaggio di consegne; la futura vice dell’ex vice, che accoglie commossa la nomination; la rappresentante dell’ala progressista del partito, probabilmente la più prodiga di idee in fase di primarie. Una nutrita schiera di personaggi per quella che è la serata clou dell’evento. Che poi evento non è, non nel senso vero del termine: senza pubblico, senza clima di festa né lo show elettorale tipico delle presidenziali americane. Ci si deve accontentare degli interventi, e in questo senso Barack Obama tiene banco. Lo fa come lo aveva fatto sua moglie, mettendo Trump nel mirino ma allargando il suo discorso sulla necessità di riconsiderare in toto il termine “democrazia”.
Obama il suo intervento lo ha studiato nei minimi dettagli. Dietro di lui campeggia la Costituzione americana, per la quale ci si aspetta che “un presidente la prenda in custodia, che protegga la libertà”. E qui subentra l’attuale inquilino della Casa Bianca: “Non mi sarei mai atteso che seguisse la mia politica o condividesse la mia visione, ma per il bene del Paese ho sperato che Donald Trump mostrasse interesse nel ruolo a cui era stato chiamato, lo facesse seriamente e che sentisse un po’ di rispetto per la democrazia. Invece non l’ha mai fatto”. Anzi, secondo l’ex presidente lo ha fatto ma come si fa un “reality show, da usare per ottenere l’attenzione che lui brama… Non ha mostrato alcun interesse nel mettersi al lavoro, nel trovare un terreno comune, nell’usare l’eccezionale potere del suo ufficio per aiutare qualcuno tranne se stesso e i suoi amici”. Un attacco frontale ma in fondo non è (più) una sorpresa. Anche la politica americana si è adeguata a convention meno formali. E gli elementi emergono tutti, inclusi i “170 mila morti” dovuti al coronavirus.
Certo, Obama parla anche del suo ex vice. E ricorda quando toccò a Biden incassare la nomina, come accaduto quest’oggi a Kamala Harris: “Quando scelsi Joe come vice non sapevo che dodici anni dopo sarei finito a considerarlo un fratello”. E anche come un possibile successore. Durante il primo mandato Obama, invece, Hillary Clinton svolse le funzioni di segretario di Stato. Parte di quel team che, oggi, si ritrova a braccetto (sempre figurativamente) a sospingere la candidatura di Joe Biden. E l’ex sfidante di Trump chiede ai giovani di prendere in mano la responsabilità del futuro del Paese, invitandoli a “non arrendersi sull’America”.
E altre donne di rilievo del partito. Nancy Pelosi, che riprende i temi caldi delle uguaglianze e la strategia “per prevenire la violenza delle armi e preservare il nostro pianeta per le future generazioni”. Tutto questo sarebbe stato possibile per l’America secondo la speaker della Camera dei Rappresentanti. “Chi si è messo in mezzo? Mitch McConnell e Donald Trump”. E anche Liz Warren, che alle primarie aveva consegnato le idee più innovative. Non sufficienti a concorrere per la Casa Bianca ma, forse, per lanciare qualche stimolo a una possibile nuova presidenza sì. Chiude Kamala Harris, che accetta la nomina di vice e tocca uno dei temi che l’hanno vista in prima linea: “Non c’è vaccino contro il razzismo, siamo noi a dover agire”.
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