In risposta alla nuova legge sulla sicurezza imposta dalla Cina nell’ex colonia e condannata dall’Occidente come liberticida, il Regno Unito sospende l’accordo d’estradizione con Hong Kong, garantendo di fatto di non consegnare qualunque ricercato o fuggitivo. Tale accordo, firmato dopo la restituzione di Hong Kong a Pechino nel 1997, coinvolgeva pure Australia e Canada, che lo hanno sospeso. Già anticipata dai media, la ritorsione è stata confermata da Boris Johnson prima d’essere formalizzata alla Camera dei Comuni dal ministro degli Esteri, Dominic Raab.
Durante una visita a una scuola nel Kent, il capo di Downing Street ha detto ai giornalisti: “Io non intendo essere spinto a essere un sinofobo per riflesso condizionato, automaticamente anti-cinese. Ma dobbiamo rispondere ad alcune gravi preoccupazioni”. Ha continuato precisando che le preoccupazioni riguardano sia il “trattamento della minoranza degli Uiguri e le violazioni dei diritti umani” sia “quello che sta accadendo a Hong Kong“. Avverte che Londra sarà “dura” con la Cina su alcuni temi ma non “abbandonerà completamente la politica di impegno” con Pechino.
La settimana scorsa il governo britannico, condizionato soprattutto dalle pressioni USA, ha deciso di escludere il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei dallo sviluppo della rete 5G d’Oltremanica, oltre ad aver offerto, dopo l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, un percorso privilegiato verso la cittadinanza del Regno Unito a circa 3 milioni di abitanti dell’ex colonia britannica in Asia, scatenando la reazione di Pechino che ha denunciato interferenze interne.
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin ha osservato che le recenti osservazioni violano le norme fondamentali delle relazioni internazionali e interferiscono gravemente nelle questioni della Cina. Inoltre, ha sollecitato Londra a “non proseguire ulteriormente lungo il percorso sbagliato per evitare di danneggiare ulteriormente le relazioni tra Cina e Gran Bretagna”.
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