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ROMA KAPUTT

Ignazio Marino cerca di rimettere in piedi ciò che resta della sua amministrazione comunale e di Roma. Una città diventata l’ombra di sé stessa, annegata nel degrado, nei rifiuti e nelle rovine, non solo archeologiche. Incapace di reggere il confronto con le grandi capitali mondiali e nemmeno con Milano, storica rivale divenuta all’improvviso gioiellino di Expo: ricca, pulita, moderna e internazionale. In tutto questo c’è un po’ di cipria bisogna dirlo. La stessa che manca alla Capitale dai tempi di Veltroni, quando feste del Cinema e notti bianche riuscivano a nascondere le rughe di una metropoli già sul viale del tramonto. L’operazione del sindaco si trasforma, allora, nell’ultimo round di una giunta nata male e che rischia di finire peggio, trascinando nel baratro l’Urbe.

L’ultimo affondo è arrivato dal New York Times, il più importante giornale del pianeta, che ha dettagliatamente descritto il declino di Roma e la scarsa popolarità goduta da Marino. Il sindaco, da parte sua, ha provato a ridimensionare l’entità della figuraccia, “sono le opinioni del giornalista” ha detto. Può essere, ma che la Città Eterna versi in uno stato pietoso è una verità incontrovertibile. Così come è reale la crisi politica attraversata dalla sua amministrazione. I malumori di Matteo Renzi e di alcuni elementi di spicco del Pd romano si fanno sempre più pressanti e la possibilità di un intervento di Palazzo Chigi sul Campidoglio resta viva, nonostante il lavoro da ragno tessitore svolto da Matteo Orfini per cercare di ricucire lo strappo. Ieri il premier, a sorpresa, si è recato alla Festa dell’Unità di Roma ma non ha parlato dal palco. Si è intrattenuto con i militanti a cui ha anche chiesto un parere su Marino. Gli interlocutori, come da previsione, si sono divisi e il capo del governo ha commentato: “Non riapriamo il dibattito”. A testimonianza di quanto siano freddi i rapporti fra i due.

Il sindaco, azzerato il cda di Atac e ottenute le dimissioni dell’assessore di Guido Improta, non è potuto così arrivare all’appuntamento con in mano la nuova giunta. La squadra è stata presentata oggi. Tra le new entry c’è anche Luigina Di Liegro: nipote di don Di Liegro, fondatore della Caritas diocesana di Roma, già assessore nella giunta regionale guidata da Piero Marrazzo. A lei è stata assegnata la delega al Turismo. Il ruolo di vicesindaco e di assessore al Bilancio va al deputato dem Marco Causi; Marco Rossi Doria alla Scuola al posto di Paolo Masini; Stefano Esposito ai Trasporti.

Quest’ultimo avrà subito una grossa gatta da pelare: la gestione della rivoluzione in Atac annunciata dopo il caos trasporti che, tra guasti e scioperi bianchi da un mese sta sfiancando i romani. Una situazione che ha spinto il prefetto di Roma Franco Gabrielli a precettare autisti e macchinisti per scongiurare uno sciopero di 24 ore indetto per ieri. I conducenti di bus e metro sono sul piede di guerra e per mercoledì hanno organizzato una manifestazione-assedio al Campidoglio per ribadire che i disservizi non sono colpa loro.

Come ha ribadito in un video divenuto subito virale Christian Rosso, giovane autista poi accusato dall’azienda di aver contravvenuto il codice etico. Rosso si è ripreso mentre si recava al lavoro per mostrare ai cittadini la carenza di mezzi con cui lui e i suoi colleghi devono far fronte ogni giorno. E ha sciorinato le cifre aziendali: dalla buonuscita da 1,2 milioni percepita dall’ex Ad ai “finti scioperi” del venerdì sino alla discrepanza, in termini di personale, tra i pochi che lavorano sui bus e i tanti assegnati agli uffici. Una fotografia scattata poche ore prima della tabula rasa imposta dal sindaco a cui è seguita un’altra batosta: il lancio della campagna #Romasonoio da parte dell’attore Alessandro Gassmann. Un invito, rivolto ai residenti, a riprendersi la città pulendola in modo da costringere l’amministrazione “a svegliarsi”. Marino, ignorando il reale senso del messaggio partito dall’attore, lo ha ringraziato. Chissà, magari è vero che viene da Marte.

Luca La Mantia

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