“Serve una legge che punisca i clienti. Serve fermare la domanda: chi va con una prostituta deve pagare come chi la sfrutta”. Anche la voce di Anna Maria Furlan, segretario della Cisl, si unisce a quella della Comunità Papa Giovanni XXIII, che da tempo invoca un intervento legislativo per strappare alla radice il problema dello sfruttamento sessuale.
Della questione se n’è parlato stamattina a Roma, in occasione del Congresso nazionale della Cisl. In una sessione dedicata alla prevenzione della violenza sulle donne, sono intervenuti anche don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, il sottosegretario alla Presidenza con delega alle Pari Opportunità, Maria Elena Boschi, e Lucia Annibali, consigliere giuridico della Boschi, reduce da un’esperienza drammatica, nel 2013 fu sfregiata con l’acido da due sicari del suo ex fidanzato. A moderare il dibattito, la presentatrice Rai Lorena Bianchetti.
Le donne costrette a vendere il proprio corpo in Italia sono centomila. Il 65 per cento è rappresentato dalle cosiddette “lucciole”, ragazze che si prostituiscono lungo le nostre strade. Il 37 per cento ha tra i tredici e diciassette anni. “Con la recente emergenza profughi – si legge sul sito della Comunità Giovanni XXIII – le organizzazioni criminali hanno trovato nuove opportunità per reperire, condizionare e introdurre in Italia le vittime del mercato della prostituzione”.
Il giro di denaro è impressionante. Nel suo intervento, don Aldo Buonaiuto ha rammentato che dietro questo fenomeno “c’è un’ industria, un business che frutta novanta milioni di euro al mese, in cui troppi ipocriti definiscono questo scempio un ‘lavoro’”.
Numeri che danno la misura di un fenomeno che la proposta di legge Bini ha l’obiettivo di arginare. In che modo? Seguendo il modello legislativo di alcuni Paesi del Nord Europa, ossia punendo con multe fino a diecimila euro il cliente dello sfruttamento sessuale. Anche l’Unione Europea ha sollecitato gli Stati membri a muoversi in questo senso, “per togliere così alle organizzazioni criminali – spiega la Comunità Giovanni XXIII – la fonte di guadagno e per combattere lo sfruttamento di persone vulnerabili”.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha lanciato una campagna intitolata “Questo è il mio Corpo”, una raccolta di firme per sostenere il testo della deputata del Pd Caterina Bini. Si tratta di una proposta in controtendenza, visto che la maggior parte del dibattito in questa fase storica propende verso la regolamentazione della prostituzione. E si tratta anche di una proposta coraggiosa, perché si stima che siano oltre tre milioni gli italiani che sfruttano questo mercato, ognuno dei quali è anche un elettore.
Pertanto in questa battaglia è fondamentale il sostegno del terzo settore e della società civile. E le parole di Anna Maria Furlan rappresentano – come afferma Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXII – “una tappa importante nella nostra battaglia per la liberazione di tante donne sfruttate sessualmente, battaglia che don Benzi ha iniziato oltre venticinque anni fa”.
Secondo Ramonda, “ci voleva un segretario donna, col suo genio femminile, per comprendere l’importanza di una battaglia di civiltà, etica e morale, che coinvolge la società nel suo intero. Non esiste una violenza di serie A o di serie B, la violenza che subiscono le donne che si prostituiscono è violenza di genere”.
Se serviva una conferma del calvario che si nasconde dietro ogni ragazza sfruttata, che vende il suo corpo come merce sui marciapiedi, durante la sessione di oggi ne sono arrivate due. Sono le testimonianze di due donne, una africana e un’altra dell’Europa dell’Est, accolte dalla Comunità Giovanni XXIII. Le loro storie hanno toccato i cuori della platea. E hanno convinto tanti a sostenere la campagna “Questo è il mio Corpo”.
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