Nel primo giorno del suo 40° viaggio apostolico internazionale, il Pontefice ha pronunciato un discorso di fronte alle autorità della Repubblica democratica del Congo, nella capitale Kinshasa.
Il Papa, nel discorso alle autorità a Kinshasa, ha parlato del “genocidio dimenticato che sta subendo la Repubblica Democratica del Congo“. Il Presidente Félix Antoine Tshilombo Tshisekedi aveva precedentemente parlato di “terrorismo al servizio degli stranieri” e aveva sottolineato che questo si consuma nel “silenzio della comunità internazionale”. Il Papa, nel discorso alle autorità di Kinshasa, parla della violenza che dilaga nel Paese e afferma che è come “un pugno nello stomaco“. “Se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa: tormentata dalla guerra, la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato. Questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro“. “E mentre voi Congolesi lottate per custodire la vostra dignità e la vostra integrità territoriale contro deprecabili tentativi di frammentare il Paese, io – ha detto il Papa – vengo a voi, nel nome di Gesù, come pellegrino di riconciliazione e di pace. Ho tanto desiderato essere qui e finalmente giungo a portarvi la vicinanza, l’affetto e la consolazione di tutta la Chiesa cattolica”
Il Papa invita tutta la popolazione della Repubblica Democratica del Congo a porre fine a violenze e odio. “Desidero dunque rivolgere un appello: ciascun congolese – ha detto il Papa nel discorso alle autorità del Paese – si senta chiamato a fare la propria parte! La violenza e l’odio non abbiano più posto nel cuore e sulle labbra di nessuno, perché sono sentimenti antiumani e anticristiani, che paralizzano lo sviluppo e riportano indietro, a un passato oscuro”.
“Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare“. E’ il forte appello del Papa da Kinshasa. “E’ tragico che questi luoghi, e più in generale il Continente africano, soffrano ancora varie forme di sfruttamento. Dopo quello politico, si è scatenato infatti un ‘colonialismo economico‘, altrettanto schiavizzante. Così questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono ‘straniero’ ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati“.
Lo sfruttamento dell’Africa “è un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito – ha detto Papa Francesco nel suo primo discorso a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo – chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca. Ma questo Paese e questo Continente meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione: giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali – è l’appello del Pontefice – e non dimentichi questo Paese e questo Continente. L’Africa, sorriso e speranza del mondo, conti di più: se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le Nazioni!”.
Il Papa invita le autorità della Repubblica Democratica del Congo a mettersi al servizio della gente, senza lasciarsi “comprare”, evitando “corruzione e ingiustizia”. “Il potere, infatti, ha senso solo se diventa servizio. Quant’è importante operare con questo spirito, fuggendo l’autoritarismo, la ricerca di guadagni facili e l’avidità del denaro”, ha detto Papa Francesco chiedendo di “favorire elezioni libere, trasparenti e credibili; estendere ancora di più la partecipazione ai processi di pace alle donne, ai giovani e ai gruppi marginalizzati; ricercare il bene comune e la sicurezza della gente anziché gli interessi personali o di gruppo; rafforzare la presenza dello Stato in ogni parte del territorio; prendersi cura delle tante persone sfollate e rifugiate”. “Non ci si lasci manipolare né tantomeno comprare da chi vuole mantenere il Paese nella violenza, per sfruttarlo e fare affari vergognosi: ciò porta solo discredito e vergogna – ha proseguito il Pontefice -, insieme a morte e miseria. Fa bene invece accostarsi alla gente, per rendersi conto di come vive. Le persone si fidano quando sentono che chi le governa è realmente vicino, non per calcolo né per esibizione, ma per servizio”. Il Papa ha anche evitato a mettere da parte il “tribalismo”. “Parteggiare ostinatamente per la propria etnia o per interessi particolari, alimentando spirali di odio e di violenza, torna a svantaggio di tutti”, ha concluso il Papa.
Il Papa ricorda però che “tanti bambini non vanno a scuola: quanti, anziché ricevere una degna istruzione, vengono sfruttati! Troppi muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere. Non si risparmino sforzi per denunciare la piaga del lavoro minorile e porvi fine. Quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità! I bambini, le fanciulle, i giovani sono la speranza: non permettiamo che venga cancellata, ma coltiviamola con passione!”.
Fonte Ansa
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