Continua a mantenersi altissima la tensione attorno alla guerra in Ucraina. La nuova escalation decisa da Mosca, che ha disposto la mobilitazione parziale e scatenando un’ondata di fughe dal Paese da parte dei chiamati alle armi, ha riproiettato sull’Europa lo spettro del nucleare, che aveva accompagnato i mesi estivi caratterizzati dalle continue minacce di danni alla centrale di Zaporizhzhia. Ora, con la Russia praticamente all’angolo, il leone sembra tirare zampate alla cieca, rischiando di diventare ancora più pericoloso. L’Occidente ha ribadito la linea: accelerare ancora con le sanzioni se Putin dovesse decidere di alzare ancora il tiro. Ma visto che in ballo c’è anche il pericolo del nucleare, gli Stati Uniti mettono in guardia Mosca circa le conseguenze di un’ulteriore escalation, stavolta in direzione “atomica”. Conseguenze che, secondo il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, sarebbero “catastrofiche”.
Il riferimento del consigliere americano è duplice. Da un lato, l’uso di testate nucleari, anche in modo limitato, porterebbe uno scenario devastante e non solo sul piano geopolitico. D’altro canto, una decisione in questo senso non resterebbe senza reazioni. E il consigliere Sullivan lo sottolinea, dichiarando che “se la Russia oltrepasserà questa linea ci saranno conseguenze catastrofiche per loro. Gli Stati Uniti risponderanno in modo decisivo. Ora, attraverso i canali privati, abbiamo spiegato in modo più dettagliato esattamente cosa significherebbe”.
Nella sua intervista alla Nbc, il consigliere per la Sicurezza Usa ha spiegato che intenzione degli Usa è “stabilire il principio che ci saranno conseguenze catastrofiche. Ma non impegnarci in un gioco retorico di occhio per occhio”. L’obiettivo è far capire ai “russi che ci stiamo preparando per ogni evenienza e faremo il necessario per dissuadere la Russia dal fare questo passo. E se lo fanno, risponderemo in modo decisivo”.
Nel frattempo, Mosca valuta ulteriori misuri per rinforzare i propri ranghi. Il presidente del Consiglio per i diritti umani del Cremlino, Valery Fadeyev, avrebbe proposto di prendere in considerazione la possibilità di aumentare la soglia di età di richiamo, sia dei lavoratori immigrati sia dei cittadini che hanno ricevuto la cittadinanza russa. Nell’ordine dei 45 o dei 50 anni. “La Costituzione dice che difendere la Patria è un dovere e una responsabilità del cittadino della Federazione Russa, senza fare alcuna differenza tra chi ha ricevuto la cittadinanza alla nascita e chi è stato naturalizzato. È necessario colmare questa lacuna giuridica e considerare la possibilità di aumentare l’età di chiamata per i cittadini naturalizzati a 45 o 50 anni”. Stando alle leggi attuali, “se hanno più di 27 anni, non possono essere chiamati per il servizio militare e non possono essere inclusi nella riserva”.
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