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Produzione industriale, stop estivo ma c’è fiducia: il quadro di Confindustria

La ripresa economica passa da quella delle imprese. E’ sempre stato il mantra dell’Unione europea che, a più riprese, aveva indicato nel settore industriale il vero motore per la ripartenza post-pandemica. Finora gli indicatori non sono stati pessimi, anzi. La ripresa della produzione industriale ha caratterizzato tutto il periodo primaverile, per poi registrare una frenata fra agosto e settembre, nella misura rispettivamente dello 0,2% e dello 0,3% in meno. L’analisi del Centro studi di Confindustria mette in evidenza quella che, comunque, risulta una flessione fisiologica per i mesi estivi. Tanto che, secondo gli esperti, “rimangono positive le prospettive” per l’immediato futuro.

L’analisi di Confindustria

In sostanza, nonostante la frenata la ripresa industriale resta rapida, con una crescita dello 0,5% nel terzo trimestre del 2021. Un ritmo meno galoppante rispetto ai due trimestri precedenti (rispettivamente +1,2% e +1,5%) ma comunque contrassegnato dalla positività. Senza contare che, come ricorda Confindustria, “sono molto migliorate le attese sull’andamento dell’economia nei prossimi tre mesi”. Il che, a fronte di un rallentamento, significa comunque un sentore positivo per l’immediato futuro. “La domanda si è confermata forte come testimoniato non solo dal dato elevato in prospettiva storica dei giudizi sugli ordini, ma anche dal quinto mese consecutivo di giudizio negativo sulle scorte”.

Le ragioni del calo

A incidere, secondo Confinudstria, anche l’apporto delle vaccinazioni, che hanno consentito di dribblare l’incertezza su possibili ricadute economiche dovute a possibili restrizioni amministrative. La strada sembra in sostanza quella giusta: la ripresa dell’attività industriale testimonia un ritmo di riassestamento economico che subisce tuttavia un leggero calo della dinamicità espansiva. A rimetterci è in particolare il settore manifatturiero, ma anche quello dei servizi. Colpa del rallentamento produttivo di agosto e settembre, nonostante il grado di utilizzo degli impianti abbia toccato i valori più alti da dicembre 2018: 77,4%. Secondo il Centro studi di Confindustria, comunque, non è un dramma.

Damiano Mattana

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