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Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: indagato don Mussie Zerai

C’è anche il nome di don Mussie Zerai nel fascicolo della Procura di Trapani sull’inchiesta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Il sacerdote eritreo che da anni vive in Italia, nel 2015 è stato candidato al premio Nobel per la pace in qualità di presidente di Habeshia, associazione che cuce contatti telefonici con le imbarcazioni in partenza dalle coste del Nord Africa.

Favoreggiamento dell’immigrazione via chat

Secondo quanto scrive Repubblica, Zerai avrebbe ricevuto l’avviso di garanzia dalla procura, in quanto i magistrati sospettano che fosse membro di una chat di WhatsApp in cui segnalava agli equipaggi delle ong il luogo in cui si trovavano imbarcazioni cariche di migranti, dopo averne ricevuta comunicazione dalle stesse persone a bordo delle imbarcazioni.

L’indagine sull’ong tedesca Jugend Rettet

Nella stessa indagine che coinvolge il prete eritreo c’è l’ong tedesca Jugend Rettet, accusata di aver raccolto alcuni migranti in un momento in cui non si trovavano in difficoltà e intrattenendo nel contempo rapporti irregolari con gli scafisti.

La difesa di don Zerai

Mussie Zerai si difende sostenendo di aver agito solo a scopo umanitario, allertando sempre la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e maltese. “Ho saputo soltanto lunedì dell’indagine e voglio andare a fondo in questa vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito”, ha detto a Repubblica. Il sacerdote ha poi aggiunto: “In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno. Oggi ne ricevo molte meno, non saprei dire perché”.

“Campagna denigratoria”

Il candidato al Nobel respinge l’accusa di aver preso parte alla messaggistica clandestina. “Non ho mai fatto parte della presunta chat segreta – ha detto – ,le segnalazioni sono il frutto di richieste di aiuto da natanti in difficoltà al di fuori delle acque libiche e comunque dopo ore di navigazione precaria e pericolosa”. Don Zerai ritiene che sia in atto “una vera e propria campagna denigratoria nei miei confronti e di quanti collaborano con me nel programma umanitario in favore di profughi e migranti”.

Simone Pellegrini

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