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Russiagate, l’Fbi ha perquisito l’abitazione di Paul Manafort

Un’indagine che non conosce sosta quella sul Russiagate: a restare coinvolto nei controlli dell’Fbi, stavolta, è stato Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale del presidente Donald Trump. Il quotidiano “Washington post” ha infatti riportato di una perquisizione effettuata nell’abitazione lo scorso mese di luglio, citando fonti vicine al procuratore straordinario Robert Mueller. L’improvviso controllo dei federali sarebbe avvenuto il 26 del mese scorso, ossia il giorno seguente all’incontro di Manafort con la Commissione di Intelligence del Senato. L’ex guida della campagna presidenziale del Tycoon, aveva rassegnato le sue dimissioni esattamente un anno fa, con il futuro presidente che aveva optato per la figura di Steve Bannon (successivamente divenuto consigliere) come suo sostituto.

Il portavoce: “Manafort sempre collaborativo”

Gli agenti del Federal bureau avrebbero concluso la perquisizione con il sequestro di alcuni materiali. Lo stesso Manafrot, poco prima della sua udienza in Senato, aveva inviato alla Commissione incaricata delle indagini alcuni documenti relativi all’indagine. L’entourage dell’ex manager, ha sottolineato che “il signor Manafort ha cooperato costantemente con le forze dell’ordine e altre gravi indagini e lo ha fatto anche in questa occasione”. L’interesse verso Manafort sarebbe legato alla sua presenza al famoso incontro nella Trump Tower che, lo scorso anno, è stato tenuto dal genero del presidente, Jared Kushner, e dal figlio maggiore, Donald Jr, assieme a un legale russo, in merito all’ottenimento di presunte informazioni relative all’avversario politico del candidato repubblicano, l’ex first lady Hillary Clinton. Il 2 agosto scorso, Manafort aveva presentato non meno di 400 pagine di documentazione relativa alla sua attività durante le presidenziali.

Casa Bianca: “Bastava chiedere”

Non si arresta, dunque, l’onda lunga del caso Russiagate che, pezzo dopo pezzo, continua a coinvolgere a vario titolo buona parte degli attori principali della campagna elettorale che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca. Un’ulteriore motivo di preoccupazione per una presidenza che, nelle ultime ore, cammina sul filo della tensione con il regime nordcoreano di Kim Jong-un. Da parte loro, alcune fonti di Washington, citate dal “Wp”, hanno reagito in modo stizzito al blitz dell’Fbi affermando che, qualora avesse voluto “certi documenti, sarebbe stato sufficiente chiederli perché Manafort li avrebbe consegnati senza problemi”. Secondo lo stesso quotidiano, non è ancora chiaro quale sia l’effettiva rilevanza della documentazione sequestrata all’ex capo della controversa campagna elettorale del 45esimo presidente Usa.

Mattia Damiani

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