Ormai la visione è concorde: il colpo coronavirus porterà ripercussioni dure, inattese e su tempistiche del tutto incerte. Di sicuro a lungo termine, ma anche sul breve la situazione è decisamente critica e non manca di rilevarlo, ancora una volta, il Centro studi Confindustria. L’allarme, in particolare, riguarda le condizioni economiche che il nostro Paese si troverà ad affrontare a emergenza finita. Quel che è certo, secondo Confindustria, è che “l’economia italiana è stata colpita al cuore” e che “bisogna agire immediatamente con interventi “massivi in una misura che oggi nessuno conosce, sia su scala nazionale che europea”. Un invito alla vigilanza sul piano italiano e continentale, che va di pari passo alle richieste inoltrate all’Europa ma anche, di fatto, ai provvedimenti presi fin qui da Bruxelles per far fronte all’emergenza che riguarda praticamente tutti i Paesi dell’Eurozona.
Secondo quanto riferito nel rapporto con le previsioni del Centro studi sulla situazione italiana del dopo-coronavirus, “le istituzioni Ue sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza” di una situazione comune. “Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese – precisa – la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata”, la quale porterebbe conseguenze devastanti come “l’aumento drammatico della disoccupazione” e il “crollo del benessere sociale”. Sicuramente, spiega il report, le perdite più consistenti saranno in termini di Pil nella prima metà del 2020: “Una caduta cumulata dei primi due trimestri del -10% circa“. Il che, ovviamente, presuppone una risalita lenta, sempre rispettando le previsioni (al momento tutt’altro che certe) che la fase di emergenza si concluda a fine maggio, perlomeno nella sua fase acuta. Il parziale recupero, segnala Confindustria, avverrà non prima del 2021, con un rimbalzo del +3,5% ma con un deficit che resterà sopra il 3%: “Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, potrebbe costare una percentuale ulteriore di prodotto interno lordo dell’ordine di almeno lo 0,75%”.
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