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Angelus, l’appello del Papa: “Cessino gli scontri nel Caucaso”

Una preghiera per il Caucaso, attraversato da forti riverberi etnico-politici. Una giornata in cui ad avere la parola sono state le armi, fra le forze indipendentiste armene e quelle dell’esercito dell’Azerbaigian. Una mattina di violenza, che avrebbe provocato morti e feriti da entrambe le parti contendenti. Ma che, soprattutto, disotterra ancora una volta una irrisolta contesa storica. “Sono giunte preoccupanti notizie di scontri nell’area del Caucaso – ha detto Papa Francesco al termine della preghiera dell’Angelus -. Prego per la pace nel Caucaso e chiedo alle parti in conflitto di compiere gesti concreti di buona volontà e di fratellanza, che possano portare a risolvere i problemi non con l’uso della forza e delle armi, ma per mezzo del dialogo e del negoziato. Preghiamo insieme, in silenzio, per la pace nel Caucaso“.

Il Papa: “L’obbedienza è nell’agire”

Una preghiera che Papa Francesco ha riservato al termine della riflessione sulla predicazione di Gesù sul Regno di Dio. La quale, ha spiegato, “si oppone a una religiosità che non coinvolge la vita umana, che non interpella la coscienza e la sua responsabilità di fronte al bene e al male”. L’esempio è nella parabola dei due figli, uno dei quali risponde inizialmente al padre che non sarebbe andato nella vigna, salvo poi pentirsene. “L’obbedienza – ha detto il Pontefice – non consiste nel dire ‘sì’ o ‘no’, ma sempre nell’agire, nel coltivare la vigna, nel realizzare il Regno di Dio, nel fare del bene. Con questo semplice esempio, Gesù vuole superare una religione intesa solo come pratica esteriore e abitudinaria, che non incide sulla vita e sugli atteggiamenti delle persone, una religiosità superficiale, soltanto ‘rituale’, nel brutto senso della parola”.

L’insegnamento di Gesù

Il Santo Padre ha spiegato che “gli esponenti di questa religiosità ‘di facciata’, che Gesù disapprova, erano in quel tempo ‘i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo’ i quali, secondo l’ammonizione del Signore, nel Regno di Dio saranno sorpassati dai pubblicani e dalle prostitute“. Questo, secondo il Pontefice, “non deve indurre a pensare che fanno bene quanti non seguono i comandamenti di Dio, quelli che non seguono la morale, e dicono: ‘Tanto, quelli che vanno in Chiesa sono peggio di noi!’. No, non è questo l’insegnamento di Gesù. Gesù non addita i pubblicani e le prostitute come modelli di vita, ma come ‘privilegiati della Grazia’”.

Il senso della grazia

La parola “grazia”, ha detto Papa Francesco, corrisponde sempre alla conversione. “Una grazia che Dio offre a chiunque si apre e si converte a Lui“. Per questo, nella parabola, il fratello che inizialmente dice “no” sperimenta la grazia della conversione. “Dio è paziente con ognuno di noi: non si stanca, non desiste dopo il nostro ‘no’; ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui e di sbagliare. Pensare alla pazienza di Dio è meraviglioso”. Il Signore attende dunque trepidante il nostro “sì”, per “accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne e colmarci della sua misericordia senza limiti. La fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell’amore del prossimo rispetto all’egoismo”.

La conversione

La conversione, ovvero cambiare il proprio cuore, “è un processo che ci purifica dalle incrostazioni morali”. Un processo a volte doloroso “perché non c’è la strada della santità senza qualche rinuncia e senza il combattimento spirituale. Combattere per il bene, combattere per non cadere nella tentazione, fare da parte nostra quello che possiamo, per arrivare a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini”. Il Vangelo di oggi, ha concluso il Papa, ci chiama quindi a riflettere “sul modo di vivere la vita cristiana, che non è fatta di sogni e belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre alla volontà di Dio e all’amore verso i fratelli“.

Damiano Mattana

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