E'presto per dire che dall'Alabama parte la risalita dei democratici in vista delle elezioni di medio termine del 2018. Di sicuro la vittoria sul filo del candidato dem Doug Jones sul favorito (repubblicano) Roy Moore rappresenta un primo colpo alla leadership di Donald Trump, che si era speso personalmente per Moore, nonostante le accuse di molestie sessuali. Oltre ad essere uno choc per il Grand Old Party che perde in una delle sue roccaforti e vede la sua già risicata maggioranza in Senato – di 52 seggi su 100 – ulteriormente ridotta.
Jones ha ottenuto il 49,5% dei consensi (640.520 voti) contro il 48,8% di Moore (631.576 voti). Eppure sembrava un'impresa impossibile per il fronte democratico. Adesso ci si chiede se e quanto il voto afroamericano abbia influito in questo Stato del sud, lo stesso della marcia di Selma, cui ha fatto appello nelle scorse ore anche l'ex presidente Barack Obama esortando tutti a recarsi alle urne: “Questa è una cosa seria”, aveva avvertito in un messaggio registrato e diffuso via telefono.
Dal palco della vittoria Doug Jones ha esaltato lo spirito dell'”Alabama: “Il popolo dell'Alabama ha più in comune di ciò che lo divide. Abbiamo mostrato non solo all'Alabama ma al Paese che possiamo essere uniti“, e cita Martin Luther King Jr: “L'arco dell'universo morale è lungo, ma tende verso la giustizia”.
Dalla Casa Bianca Donald Trump ha tweettato all'insegna del fair play, congratulandosi con Jones, “I repubblicani avranno un'altra chance per questo seggio molto presto. Non finisce mai!”, ha scritto. Questo è però per lui un terremoto, e alla Casa Bianca – e nella West Wing – l'aria deve essere davvero pesante in queste ore. Perché il presidente Trump ha “scommesso” e ha sbagliato. Gli era stato anche consigliato di rimanerne fuori, ma ha voluto ascoltare Steve Bannon e si è buttato.
Moore non era stata la “prima scelta” del partito, e anche del presidente che alle primarie repubblicane aveva sostenuto candidato Luther Strange più gradito all'establishment Gop. L'ex giudice conservatore Moore era invece più rappresentativo di quella fetta di partito che più si ispira ai valori di Bannon, l'ex stratega di Donald Trump che infatti ha fatto campagna sul campo fino all'ultimo minuto.
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