Non accennano a placarsi le manifestazioni contro il regime di Nicolas Maduro in Venezuela. Violente proteste continuano ad infiammare il Paese con un bilancio di almeno 7 vittime, decedute durante gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.
Parlando ad un raduno pro-governativo, il presidente Nicolas Maduro, ha annunciato di star cercando una soluzione per risolvere in maniera pacifica le tensioni che stanno attanagliando il Venezuela, Paese duramente colpito dalla crisi. Maduro ha annunciato che una delle opzioni è quella di indire le elezioni, che vorrebbe tenere “presto”.
Nel frattempo, lo scorso mercoledì 19 aprile, nel Paese si è tenuta quella che l’opposizione, guidata da Henrique Capriles, si è svolta la “madre di tutte le marce“. Decine di migliaia di persone si sono riversati nelle strade di Caracas. Il programma della grande marcia prevedeva che i manifestanti si ritrovassero in 26 diversi punti di Caracas per chiedere la fine di quella che considerano una dittatura, per poi convergere sul centro della città. Ma i problemi sono sorti ancora prima che i cortei iniziassero a sfilare lungo i percorsi prestabiliti. Infatti, sui social network si sono moltiplicate le informazioni su gruppi di “colectivos” che stavano occupando con violenza i punti di concentrazione dell’opposizione.
Nel frattempo, secondo quanto riferito dall’Organizzazione non governativa Foro Penal, in tre settimane di scontri sarebbero state uccise almeno sette persone e più di 500 sarebbero state arrestate. Le ultime due vittime sono due giovani, un ragazzo e una ragazza rispettivamente di 17 e 23 anni, raggiunti da un colpo di pistola mentre stavano manifestando in piazza, il primo nella piazza Stella di San Bernardino, a Caracas, la secondo, a San Cristobal nello stato di Tachira.
Inoltre, il leader dell’opposizione, Henrique Capriles, ha già annunciato che altre manifestazioni sono previste nel Paese che vive una gravissima crisi economica e politica e dove, l‘opposizione, maggioritaria in Parlamento dalla fine del 2015, vuole cacciare il presidente socialista considerato un dittatore.
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