Oltre 110 morti, secondo alcune fonti almeno 150, sono il bilancio degli scontri avvenuti sabato notte in Sud Sudan tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit, di etnia Dinka, e quelle che appoggiano il primo vicepresidente Riek Machar, di etnia Nuer. La carneficina ha cancellato le celebrazioni per il quinto anniversario dell’indipendenza dello Stato più giovane del mondo e sono l’ennesima violazione dell’accordo di pace firmato nell’agosto dell’anno scorso, al termine di due anni di conflitto etnico tra le forze governative e quelle fedeli a Machar.
La conta dei cadaveri trasportati all’obitorio del Teaching Hospital di Juba, la capitale, è stata particolarmente difficile e imprecisa perché, ha raccontato un medico che è voluto rimanere anonimo per ragioni di sicurezza, i soldati hanno impedito ai medici di esaminare i corpi. Secondo un altro sanitario presente all’ospedale, in maggioranza sono salme di soldati.
Gli scontri sono iniziati nella notte nei pressi del palazzo presidenziale dove Machar e Kiir – scrive Liberation – preparavano un comunicato comune per criticare altri incidenti avvenuti il giorno precedente. Ufficialmente, i festeggiamenti per l’anniversario dell’indipendenza dal Sud sono stati giustificati con la mancanza di fondi, ma è chiaro che la tensione e la paura di altri scontri è alta. Machar è tornato a Juba come vice presidente nell’ambito di un governo di unità nazionale grazie all’accordo di pace firmato con Kiir in aprile; il nuovo governo però che non è riuscito a portare stabilità e sicurezza nel paese dilaniato da povertà e conflitti etnici decennali.
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