Il Ruanda potrebbe accogliere sino a 10 mila migranti africani che Israele allontanerà nei prossimi mesi dal suo territorio. Lo ha confermato ad un giornale di Kigali la ministra degli esteri Louise Mushikiwabo secondo cui l'intenzione del suo Paese africano è che costoro non siano poi stipati in campi profughi, ma al contrario possano costruirsi un futuro ed avere ''una vita normale''.
La settimana scorsa il ministro degli interni israeliano Arie Deri ha anticipato che presto sarà chiuso il “Centro di accoglienza” di Holot nel Neghev. Di conseguenza 30 mila migranti africani che vivono in Israele (per lo più eritrei e sudanesi) dovranno scegliere se partire oppure essere internati in un carcere. Secondo l'emittente Canale 10, per facilitare la loro partenza Tel Aviv è pronta a versare 3 mila dollari a ciascun migrante e altri 5 mila dollari a testa alle autorità del Ruanda per le necessità relative al loro inserimento in quel Paese.
Ma un'ombra di scetticismo su questi scenari è stata calata su Haaretz da una assistente sociale secondo cui, sulla base di esperienze recenti, ''quanto attende i migranti in Ruanda è l'inizio di un commercio di esseri umani, sevizie e in molti casi la morte''. Su Twitter l'editore di Haaretz, Amos Shoken, ha accusato Benjamin Netanyahu ed alcuni ministri di essere ''assassini in giacca e cravatta''. Immediata la replica del premier: ''La barriera che abbiamo eretto nel Sinai – ha osservato – ha bloccato del tutto gli infiltrati illegali'' provenienti dall'Africa. ''Siamo determinati – ha aggiunto – a far uscire in maniera legale quanti si trovano qua. Respingo del tutto gli attacchi velenosi nei miei confronti e verso i miei colleghi di governo''.
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