Distruggere per autofinanziarsi: quella dell’Isis è una violenza gratuita che si abbatte sull’uomo e la sua storia. Dietro lo scempio dei monumenti pre-islamici si nasconde infatti un sistema per mascherare la vendita di opere d’arte prelevate da palazzi e templi prima di farli saltare in aria davanti alle telecamere. Lo sostiene l’archeologa Joanne Farchack: “Le antichità di Palmira sono già in vendita a Londra. I reperti siriani e iracheni depredati dall’Isis sono già in Europa. Queste distruzioni nascondono una delle fonti di finanziamento di Isis”.
La dinamica è la stessa in Iraq, in Siria o in qualunque posto i jihadisti prendano il controllo: prima rubano e nascondono tutto ciò che può essere rivenduto, poi seguendo la logica del terrore, filmano la distruzione dei siti archeologici diffondendone i video sulla rete. Molte delle opere razziate vengono vendute su eBay facendo fruttare milioni di euro.
Secondo l’Unesco i furti avverrebbero addirittura su commissione, come è accaduto per un mosaico romano ad Apamea, nella Siria occidentale: è stato staccato con i bulldozer e poi probabilmente fatto arrivare nei ricchi Paesi del Golfo Persico, dove gli sceicchi sembrano particolarmente interessati ad appropriarsi di antichità d’arte.
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