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Rajoy: “La Spagna è salva, ora richiudiamo le ferite”

Abbiamo avuto una pazienza infinita: ma non si sono fermati, creando uno stato di emergenza. Ora la situazione migliora, sono sicuro che dopo le elezioni inizierà una fase di normalità“. Lo ha detto Mariano Rajoy nel corso di un'intervista del direttore di Repubblica, Mario Calabresi, focalizzata sulla crisi in Catalogna. Secondo il premier spagnolo la strada che la regione autonoma deve intraprendere è una sola: il rispetto dell'unità nazionale e della Costituzione.

Il flop catalano

Non si fanno trattative con chi ha “creato non soltanto fratture politiche ma anche personali, nelle famiglie e tra gli amici”. Il processo indipendentista, ha spiegato Rajoy, “si basava su presupposti falsi, dicevano che l'economia non avrebbe sofferto, invece molte, circa duemila, sono le aziende che hanno abbandonato la Catalogna. Speravano nell'appoggio europeo ma non hanno avuto l'appoggio di nessuno, né in Europa né altrove nel mondo. Avevano presentato il processo indipendentista come una panacea universale di tutti i mali e invece si è visto che la dichiarazione d'indipendenza è stata fonte di infiniti problemi per i cittadini”. L'augurio di Rajoy è “che nel prossimo parlamento chi è a favore della Costituzione sia in maggioranza rispetto ai secessionisti ma chiunque sarà eletto la prima cosa che dovrà fare sarà rispettare la legge“.

Influenze

Il premier conservatore non ha nascoto le preoccupazioni per le presunte interferenze di fonte russa e per la deriva populista europea. “In effetti – dice – il 55% del traffico sui social proveniva dalla Russia, il 30% dal Venezuela e soltanto il 3% degli interventi sulla questione catalana veniva da profili corrispondenti a persone reali, tutto il resto erano Bot (software che producono in automatico contenuti per orientare il dibattito)”. Rajoy è intervenuto anche sulla situazione della Germania: “La Germania continuerà ad essere riferimento di stabilità in Europa, nonostante le difficoltà. Ho grande fiducia nella leadership di Angela Merkel“.

Edith Driscoll

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