Sarebbero 212 le vittime “dell'azione repressiva dello Stato” in Nicaragua durante le proteste contro il presidente Daniel Ortega. Lo ha reso noto la Commissione interamericana per i diritti umani (Iachr) che ha diffuso un bilancio aggiornato fino al 19 giugno.
“I feriti sono 1337 e 507 persone sono state private della libertà“, si legge nel rapporto di 97 pagine che accusa il governo locale di aver “violato i diritti alla vita, all'integrità personale, alla salute, alla libertà personale, di riunione, di espressione e all'accesso alla giustizia”. Secondo la Commissione, “la violenza di Stato ha lo scopo di scoraggiare la partecipazione alle manifestazioni e di reprimere l'espressione di dissenso politico”. Pertanto ha chiesto all'esecutivo “di raggiungere una soluzione costituzionale, democratica e pacifica a questa crisi dei diritti umani”.Il rapporto è stato presentato durante una sessione straordinaria del Consiglio permanente dell'Organizzazione degli Stati americani (Oas) a Washington. L'incontroè stato aperto con un minuto di silenzio per le vittime delle proteste cominciate il 18 aprile scorso.
La Chiesa, da parte sua, continua a mediare tra le parti. I vescovi nicaraguensi in processione sono entrati nella città ribelle di Masaya. Il Paese da due mesi assiste a un braccio di ferro tra il capo dello Stato e l'opposizione, con proteste di strada, soffocate dalle forze di sicurezza. La visita a Masaya, una volta roccaforte dei sandinisti, oggi dei manifestanti anti-Ortega, è stata decisa dai presuli per “evitare un altro massacro, dare conforto e pregare con il nostro popolo“. Il vescovo ausiliario di Managua, Silvio Baez, ha esortato la folla a non farsi giustizia da sola e a “non imitare i comportamenti e le gesta criminali” delle forze governative. “Non vogliamo altri criminali in Nicaragua”, ha sottolineato l'alto prelato, per poi intimare: “Ai cecchini, a Daniel Ortega e Rosario Murillo: non un'altra morte”.
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