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Omaggio di Abe all’Uss Arizona Memorial di Pearl Harbour, Obama: “Visita storica”

“Una visita storica“. Così Barack Obama ha definito l’arrivo del premier giapponese, Shinzo Abe, a Pearl Harbour, a 75 anni dall’attacco nipponico alla base che costò la vita a 2.400 americani e sancì l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale.

I due leader hanno visitato il USS Arizona Memorial, coronando simbolicamente il crescere dei rapporti fra i due Paese. L’incontro, ha spiegato Obama, mostra “il potere della riconciliazione” e dimostra come le “ferite di guerra possono cedere il passo all’amicizia”. Abe ha presentato le sue “condoglianze sincere ed eterne” per le vittime. “Non dobbiamo mai ripetere l’orrore delle guerra. Questo è l’impegno” ha affermato, dopo aver deposto una corona di fiori per le vittime. “Il mondo ha bisogno di tolleranza e del potere della riconciliazione” ha aggiunto il premier giapponese, definendo quella con gli Stati Uniti “un’alleanza della speranza”.

Il tema della riconciliazione è stato quello cavalcato dai due leader nel momento solenne della visita, la prima di un premier giapponese dal 1951. Come previsto Abe non ha presentato le proprie scuse per l’accaduto, così come non le aveva presentate Obama a Hiroshima.

La presenza di Abe a Pearl Harbor, ha spiegato Obama, “ci ricorda” cosa è possibile raggiungere, mostra che le guerre possono finire e che i nemici possono diventare alleati. La visita mostra come “i frutti della pace sono più pesanti della guerra”.

Nel corso degli ultimi anni, da quando Abe è salito al potere per la seconda volta nel 2012, le relazioni fra Stati Uniti e Giappone si sono rafforzate. E su queste pesa ora l’incertezza della politica estera di Donald Trump, che rappresenta un test per il rapporto speciale fra i due Paesi. Abe ha appoggiato alcune delle politiche spinte dall’amministrazione Obama, nonostante la resistenza interna. Il premier giapponese ha infatti detto sì all’ampliamento del sostegno giapponese alle basi militari americane nonostante la forte opposizione di Okinawa; ha spinto per l’approvazione di norme sulla sicurezza che consentono alle forze armate giapponesi di partecipare a missioni di combattimento all’estero; e ha offerto aiuti non militari nei paesi in cui si combatte contro l’Isis. Un appoggio forte all’amministrazione Obama dettato anche dalla necessità di aver un alleato forte contro la Cina. E Obama da parte sua ha contraccambiato dichiarando ufficialmente – e divenendo il primo presidente americano a farlo esplicitamente – che il trattato di sicurezza vigente obbliga gli Stati Uniti a difendere il Giappone nello scontro sulle isole contese con la Cina.

L’elezione di Trump getta però un’ombra di incertezza. L’approccio del presidente eletto, che ha assicurato un atteggiamento più aggressivo contro la Cina su più fronti, presenta molti rischi per il Giappone, soprattutto se farà scattare una dura risposta di Pechino. Trump ha anche indicato senza mezzi termini nel corso della campagna elettorale che il Giappone e la Corea del Sud stanno approfittando dell’ombrello di sicurezza offerto loro dagli Stati Uniti.

Francesco Volpi

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