La crisi di Hong Kong diventa ufficialmente una questione americana. Martedì la Camera dei Rappresentanti ha approvato tre diversi atti normativi a sostegno delle manifestazioni pro democrazia che da oltre quattro mesi infiammano l'ex colonia britannica. Le norme prevedono, scrive Repubblica.it, che il trattamento privilegiato di cui la città gode dal punto di vista commerciale sia legato a una revisione periodica della sua effettiva autonomia da Pechino. L'inter dell'accettazione degli atti è però ancora lunga. Il testo ora verrà trasmesso al Senato, che non ha ancora messo in calendario la discussione, e infine dovrebbe finire sulla scrivania di Donald Trump per la firma (o il veto) finale.
Eppure questo primo “ok” all'unanimità, democratici e repubblicani insieme, manda un messaggio di pressione importante alla Cina, che non a caso ha espresso la sua “forte indignazione” verso gli Stati Uniti per l'approvazione dello “Hong Kong Human Rights and Democracy Act” e minaccia “forti contromisure” ribadendo la richiesta “di sospensione di ogni ingerenza” negli affari interni. “Esprimiamo forte indignazione e decisa opposizione all'insistenza della Camera dei rappresentanti sull'approvare” questo provvedimento, ha affermato in una nota il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang.”Se la legge verrà alla fine approvata, non solo danneggerà gli interessi cinesi ma anche le relazioni tra Cina e Stati Uniti e quindi gli interessi americani”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri.
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