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Newport, via al summit finale. E l’Alleanza si divide sulle sanzioni contro Putin

Se ieri a Newport si sono poste le basi per ragionare su un definitivo cessate-il-fuoco tra Mosca e Kiev, oggi la questione potrebbe effettivamente prendere forma: sono previsti per questa mattina il secondo e ultimo summit dei paesi Nato in Galles, in cui i sessanta capi di Stato e Governo  dell’alleanza Nato discuteranno su come intervenire nei confronti della crisi; e l’incontro a Minsk, in Bielorussia, dove si terrà in meeting Osce-Ue-Russia-Ucraina per ragionare su una eventuale – e ben sperata – tregua tra i due paesi dell’est Europa.

La prima risposta che l’Alleanza è pronta a dare ai Paesi preoccupati dalla pressione di Mosca, è la forza di pronto intervento di 4mila uomini pronti a spostarsi lungo il confine baltico. Ma questo a Usa e Gran Bretagna non basta: se non saranno poste oggi le basi per lo sviluppo di una tregua tra Russia e Ucraina, infatti, Obama e Cameron solleciteranno per l’invio di nuove sanzioni economiche contro Putin. Sanzioni che, in parte, sono già state decretate in un nuovo pacchetto da parte del Consiglio europeo e sulle quali tuttavia non c’è intesa, poiché “non tutti i paesi che sono nella Nato sono un Europa”, ha spiegato Mogherini.
E sulla questione delle sanzioni si sono create divergenze: Londra e Washington sono le leadership che “spingono” maggiormente per “atti concreti sul terreno” da parte del leader del Cremlino e che puntano sull’inasprimento delle sanzioni per mettere la Russia con le “spalle al muro”: troppe volte infatti, secondo Obama e Cameron, accordi ed incontri sono stati disattesi. Ma è proprio per questo che Berlino, Parigi e Roma si muovono con maggiore cautela: ulteriori sanzioni rischierebbero di aumentare la tensione, meglio mantenere un’apertura diplomatica. Questa linea “prudente” è stata posta in principio dal presidente francese Hollande, che ha anche parlato di un possibile incontro Putin-Merkel: “Non ci può essere soluzione militare alla crisi ucraina”, ha ribadito.
Si prende tempo, dunque. E ci si impegna a prestare pazienza ed escludere una soluzione militare. Anche perché, a quanto pare, nonostante sottili divergenze  le intenzioni pacifiche sembrano esserci da tutte le parti in causa. Anche da quella dei ribelli: le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, infatti, hanno diffuso ieri sera un comunicato nel quale esprimono la loro disposizione a dichiarare un cessate il fuoco, a patto che l’aviazione civile ucraina “sospenda i voli sui territori ribelli”.

Intanto, dal summit è stato annunciato un pacchetto di misure per sostenere il rafforzamento della sicurezza dell’Ucraina: gli alleati, secondo quanto spiegato ieri sera da Rasmussen, hanno stabilito di stanziare 15 milioni di euro attraverso la Nato. Anche se un’adesione di Kiev all’Alleanza non è al momento contemplata.
E se sulla questione russa si sono manifestate piccole divergenze, si è perfettamente d’accordo sugli interventi da intraprendere nei confronti dell’Isis: “Sono sicuro – ha detto Rasmussen – che se il governo iracheno presentasse una richiesta di assistenza alla Nato, gli alleati la valuterebbero seriamente”. Al centro dell’agenda di oggi, inoltre, c’è la situazione in Afghanistan, dove l’Alleanza prevede di cessare le operazioni di combattimento entro la fine dell’anno, anche se l’esito delle elezioni presidenziali è ancora incerto.

 

 

 

Giulia Capozzi

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