Nome più emblematico non avrebbero potuto sceglierlo. Si chiama, infatti, “Rumiyah” (Roma in arabo) la nuova rivista propagandistica dell’Isis. La pubblicazione, in realtà, esiste dal 2014 ma è stata scoperta dai media occidentali solo nelle ultime ore. Obiettivo del magazine è quello di reclutare lupi solitari pronti a colpire in Occidente, come avvenuto a Parigi, Bruxelles, Nizza e negli Stati Uniti.
La denominazione della testata rappresenta il sogno del sedicente Stato Islamico: la conquista di Roma, città simbolo della cristianità e culla di quell’Ovest tanto odiato. Un’aspirazione che serve, più che altro, a rispondere alla “crisi di vocazioni” degli aspiranti jihadisti, sempre più scoraggiati dalla progressiva perdita di terreno delle milizie nere in Siria, Iraq e Libia.
Come esempio di martirio ideale “Rumyha”, in uno speciale di 4 pagine, cita quello del libanese australiano Abu Mansur. Dopo aver vissuto nel Paese dell’Oceania, racconta la rivista, Mansur si è spostato in Siria, dove è morto combattendo contro il nemico. Una sorte che il Daesh invita ad imitare. Il pezzo si conclude con un’esortazione ai simpatizzanti australiani di Brunswick, Broadmedow, Bankstown e Bondi: “Pugnalateli, sparategli, avvelenateli e travolgeteli con il vostro veicolo”.
Avvalendosi, poi, del parere di esperti e religiosi l’Isis in un altro articolo giustifica l’uccisione di non musulmani, indicando anche possibili target: un fioraio, un soldato, un civile, un uomo d’affari, un impiegato, un anziano, un contadino, un vescovo e un sacerdote. Ogni “infedele” va considerato un nemico e quindi eliminato con ogni mezzo possibile. Unica eccezione sono donne e bambini, da usare come schiavi.
Il moltiplicarsi di pubblicazioni (in un primo momento l’unico house organ era “Dabiq“), video e foto, associato a una crescita di stragi messe in atto ultimamente nei principali teatri di guerra non vanno letti, come detto, nel senso di un recente rafforzamento del Califfato. Al contrario, come sostengono diversi analisti, si tratterebbe di una sorta di canto del cigno di un movimento stremato dalle campagne militari e ripetutamente colpito sul piano finanziario e mediatico. L’Isis, insomma, fa di tutto per mostrarsi ancora forte e combattivo, ma tra le sue schiere qualcosa ha iniziato da tempo a incrinarsi.
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