Lo stato islamico ha perso oltre un quarto del suo territorio dal gennaio del 2015, momento della sua massima espansione in Siria e Iraq. E’ quanto emerge da nuovi dati dell’istituto di studi Ihs Conflict Monitor che, pur evidenziando un rallentamento negli ultimi tre mesi nell’avanzata contro i jihadisti, sottolinea però l’importanza strategica dei più recenti arretramenti dell’Isis.
“La perdita di un accesso diretto alle strade che portano al confine con la Turchia – si legge nel rapporto – riducono fortemente la capacità del gruppo di reclutare nuovi combattenti dall’estero”. Nel gennaio 2015 la zona controllata dallo Stato islamico era pari a 90.800 km quadrati, diventati oggi 65.500. Negli ultimi tre mesi i km quadrati persi sono stati solo 2.800, in coincidenza con una riduzione degli attacchi aerei russi, nota l’Ihs.
Alex Kokcharov, principale analista della Russia per l’istituto di ricerca, afferma che i dati raccolti smentiscono l’affermazione del presidente Vladimir Putin secondo cui la missione della Russia è di combattere l’Isis. “La priorità di Mosca – afferma – è fornire appoggio militare al governo di Assad” e trasformare “la guerra civile siriana con diversi attori in una guerra tra il governo di Damasco e gruppi jihadisti come lo Stato Islamico”.
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