Le forze irachene, sostenute dai raid della coalizione a guida Usa hanno liberato Mosul dall’Isis. Lo ha annunciato il premier Haidar Abadi, che si è recato in città per congratularsi con i suoi militari, stremati dopo una battaglia durata 9 mesi.
Alla prima offensiva di ottobre è seguita una lunga fase di stallo. La seconda ondata è scattata in aprile. La città è stata riconquistata a partire dai quartieri orientali (a gennaio), poi a maggio è toccata a quelli occidentali. L’ultima zona strappata al Califfato è stata la Città Vecchia.
Abadi è stato mostrato in alcune fotografie mentre scendeva da un elicottero a Mosul vestito con una divisa e un cappellino militari e più tardi dovrebbe tenere il “discorso della vittoria”. Su Twitter il premier ha detto di essere arrivato in città “per annunciare la sua liberazione e congratularsi con le forze armate e il popolo iracheno per la vittoria”. La televisione irachena mostra intanto immagini di civili che continuano ad abbandonare il centro, teatro dei combattimenti degli ultimi giorni, che appare quasi interamente distrutto. Si vedono soldati che danno da bere a bambini, anche molto piccoli, mentre uomini e ragazzi sono costretti a spogliarsi prima di passare le linee governative per controllare che non portino cinture esplosive nascoste sotto i vestiti. Pochissimi gli uomini dell’Isis che ancora non si arrendono. In alcune zone isolate della città, hanno riferito alcuni testimoni, si odono spari ed esplosioni.
Tre anni fa, sull’onda di successi militari che sembravano inarrestabili, era arrivato a controllare quasi tutto il nord della Siria e un terzo dell’Iraq. Oggi, mentre perde Mosul e si appresta a cedere anche Raqqa, la sua capitale siriana, l’Isis vede ridotto il suo territorio a circa un terzo della massima espansione. Tra il 2014 e il 2015 l’impero del “Califfato” proclamato da Abu Bakr al Baghdadi si estendeva da ovest a est lungo la valle dell’Eufrate per circa 700 chilometri, partendo dalla provincia siriana di Aleppo e arrivando a Falluja, solo 50 chilometri da Baghdad. Da nord a sud, invece, costeggiava il Tigri da Mosul fino oltre Tikrit, per circa 200 chilometri. Oggi da ovest a est il territorio, che si va sempre più assottigliando, è ridotto a circa 500 chilometri, mentre in Iraq l’autoproclamato Stato islamico ha perduto tutta la fascia lungo il Tigri dalla capitale fino a Mosul, tranne una vasta sacca nella zone di Hawija, ad ovest di Kirkuk.
Il Daesh controlla inoltre una larga fascia di territorio iracheno lungo 400 chilometri di confine con la Siria, nella provincia di Al Anbar, culla dell’insurrezione contro l’occupazione americana e poi dell’Isis. E proprio in questa provincia desertica, e in quelle siriane che con essa si saldano, i seguaci di Al Baghdadi sembrano intenzionati a ritirarsi in attesa di poter rialzare in futuro la testa approfittando, come hanno fatto in passato, delle tensioni interconfessionali e interetniche che continuano a minare la stabilità dell’Iraq e dell’intera regione. Al di fuori dell’Iraq e della Siria, l’Isis ha perso i suoi avamposti in Libia, ma ha ancora il controllo di una regione egiziana nel nord-est del Sinai, vicino al confine con Israele.
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