Giornata intensa alla Casa Bianca dove, a seguito delle dimissioni del numero due dell'Fbi, Andrew McCabe, la tensione attorno all'indagine sul Russiagate continua a salire. Ma, parallelamente a quella legata ai sospetti di interferenze russe durante le presidenziali, sul “fronte orientale” si è giocata una partita altrettanto importante, impostata sulle normative di restrizione che, colpendo la Russia, hanno influito anche sul piano energetico dell'Europa. Sanzioni stabilite per la crisi ucraina, le interferenze elettorali e la violazione dei diritti umani e che hanno senz'altro svolto un ruolo di destabilizzazione, specie nell'ultimissimo frangente nel quale si richiedeva al Tesoro il cosiddetto “Kremlin report”, una lista nera di una cinquantina di persone connesse in modo sostanziale con il governo di Vladimir Putin. Al momento, però, dall'amministrazione Trump fanno sapere che la sola presenza è sufficiente e che, agendo da deterrente, non rende necessarie ulteriori sanzioni come invece previsto dalla legge del 2017.
“Abbiamo informato il Congresso che la legge – ha spiegato la portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert – e la sua attuazione stanno funzionando come deterrente nelle vendite riguardanti la difesa. Da quando è entrata in vigore, stimiamo che i governi esteri hanno abbandonato i previsti acquisti o gli annunci di acquisti di miliardi di dollari di apparecchiature di difesa della Russia”. Non andranno oltre, almeno per ora, le sanzioni previste dalla legge firmata da Trump la scorsa estate e approvata dal Congresso degli Stati Uniti. “Data la lunghezza dei tempi generalmente associata a importanti accordi di difesa, i risultati stanno diventando chiari solo ora. Da questo punto di vista, se la legge funziona, sanzioni su specifiche entità o individui non saranno imposte perché la normativa sta, di fatto, funzionando come deterrente”.
Resta un mistero, per il momento, tutto ciò che è connesso al “Kremlin report” e al suo contenuto: “Ulteriori dettagli sono contenuti nel rapporto riservato presentato al Congresso”, ha liquidato Nauert, lasciando il dubbio se il Tesoro americano abbia effettivamente presentato la lista o se l'abbia fatto solo in Congresso, vista la natura probabilmente di “top-secret” delle informazioni contenute: il timore è legato ai beni posseduti all'estero, eventualmente sequestrabili, e la possibilità di sanzioni future.
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