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Il killer di Manhattan: “Volevo uccidere ancora”

Era negli Stati Uniti dal 2010 Sayfullo Saipov, il 29enne uzbeko responsabile dell'attentato che, nella giornata di ieri, ha spezzato la vita di 8 persone in sella alla propria bicicletta nei pressi del World Trade Center di Manhattan, a New York. L'uomo, a bordo di un furgone, si è lanciato sugli inermi passanti a folle velocità affermando, in seguito, di averlo fatto per l'Isis. Né la Cia né l'Fbi avevano mai preso in considerazione Saipov in relazioni alle indagini sulle attività del sedicente Stato islamico; nessuno sapeva che, durante il suo quasi decennale soggiorno negli Usa, quell'uomo venuto dal nulla si fosse radicalizzato, rendendosi seguace ed esecutore del Califfato. E, come accaduto troppo spesso negli ultimi tempi, il 29enne è passato all'azione, noleggiando il furgone appena un'ora prima di gettarsi per le affollate vie della Grande Mela, seminando panico e morte. Lui, interrogato nel letto di ospedale dalla Polizia, ha detto (secondo quanto riportato dai media Usa) di aver agito in nome dell'Isis e di aver ricevuto da alcuni esponenti fondamentalisti le istruzioni su come eseguire l'attacco, sottolineando che avrebbe continuato a uccidere ancora se il suo mezzo non si fosse schiantato in Chambers Street, permettendo agli agenti di ferirlo e fermarlo.

Il lupo solitario di New York

Un folle, inebriato dalla propaganda web dell'integralismo islamico e pronto a rendersi un soldato del Califfato: questo è quanto emerso dalle prime indagini effettuate sul suo conto, con le Forze dell'ordine che, all'interno del suo pc, hanno rinvenuto diversi materiali riconducibili ai jiahdisti dell'Isis, mentre a bordo del suo pick-up, assieme a numerosi coltelli, gli agenti hanno recuperato un biglietto con su scritto “Lo Stato islamico durerà per sempre”. Prove ritenute come inequivocabilmente connesse al suo percorso di radicalizzazione 'a distanza', come affermato anche dal governatore di New York, Andrew Cuomo, mentre il vicecommissario della Polizia newyorkese, John Miller, ha affermato che Saipov il suo attacco lo pianificava da settimane. Il sindaco della Grande Mela, Bill De Blasio, ha definito l'attacco del 29enne uzbeko (legalmente residente negli Usa) come “particolarmente codardo”: un'azione da carnefice, messa in pratica da un uomo solo che, in pochi tremendi minuti, ha riportato il terrore a una manciata di metri, in linea d'aria, dal Ground Zero di Manhattan, dove l'11 settembre 2001 l'America visse probabilmente la sua tragedia più grande.

Cuomo-De Blasio: “Non politicizzare la tragedia”

Al momento, Saipov si trova nell'ospedale di Bellevue in stato di arresto. Nel frattempo, però, il mondo dell'opinione pubblica americana ha affrontato il day-after in modo concitato, tentando di reagire alla follia fondamentalista senza sfuggire ad alcuni strascichi politici legati in special modo ai tweet post-attacco del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. L'inquilino della Casa Bianca, infatti, nelle ore che hanno seguito la strage di New York ha affermato in un post che Saipov “è arrivato nel nostro paese grazie alla cosiddetta 'lotteria per la diversità dei visti', una bellezza di Chuck Schumer. Li voglio in base al merito”. Dichiarazione che ha incontrato il dissenso del governatore Cuomo, il quale ha avvisato che “i tweet del presidente non sono utili”, poiché “politicizzano la situazione”. Dello stesso avviso anche De Blasio che, alla Cnn, ha affermato che “l'ultima cosa che il presidente o chiunque dovrebbe fare è politicizzare questa tragedia”. Intanto, il mondo intero si è mosso per esprimere solidarietà a New York: quel mondo che, il prossimo 5 novembre, vi si riunirà per la Grande maratona, un evento che, hanno garantito sindaco e governatore, si farà. 

Mattia Damiani

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