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Genocidio del Ruanda, una strage dei nostri giorni

Un massacro sistematico, andato avanti dal 6 aprile a inizio luglio del 1994. Almeno mezzo milione di morti ma sono solo stime, le più accurate, quelle di Human rights watch. Il sospetto è che le vittime del genocidio del Ruanda, che portò quasi allo sterminio totale dell'etnia Tutsi e alla grave decimazione di quella parte di etnia Huthi considerata di visione moderate, siano state in realtà molte di più. Una violenza che entrò nella storia con crudeltà, ponendo il mondo davanti a uno dei più efferati massacri della storia dell'umanità. Tutto iniziò proprio il 6 aprile, quando l'aereo del presidente ruandese, juvenal Habyarimana, venne abbattuto da due missili terra-aria mentre sorvolava Kigali. Sul volo, assieme a lui, viaggiava il presidente del vicino Burundi, Cyprien Ntaryamira.

Le violenze

Il presidente morì in quell'attentato e le conseguenze di quella morte si fecero attendere solo pochi minuti. Nemmeno mezz'ora dopo, la stragrande maggioranza Huthi del Paese prese le armi, mettendo in atto le prime di una serie infiinta di violenze efferate contro il 20% della popolazione appartenente all'etnia Tutsi, fatta oggetto di un massacro a colpi di fucile, di bastoni, di mazze chiodate, di machete e di qualsiasi altro strumento in grado di fare del male. Il sangue continuò a scorrere fino al luglio successivo in un clima pressoché di indifferenza da parte del mondo occidentale, quando le forze armate francesi in Ruanda misero in atto l'Opération Turquoise che, tuttavia, non riuscì direttamente ad arginare le violenze. Tutto si fermò quando le truppe del Fronte patriottico ruandese (Rpf) sconfissero definitivamente le forze governative, arrivando a controllare tutto il Paese e favorendo l'ennesimo esodo in massa della popolazione, in grandissima parte Huthi, oggetto di una risposta al genocidio. Il Ruanda quasi si svuotò, visto che durante i mesi del genocidio furono più di un milione di persone a lasciare il Paese per rifugiarsi nello Zaire (oggi Repubblica democratica del Congo), con tutte le instabilità politiche derivate negli anni successivi, esplose poi con violenza tra il 1998 e il 2002.

Una pagina di sangue

Una strage che, ogni 7 aprile, viene commemorata in tutto il mondo non solo per l'enorme fiume di sangue e le indicibili violenze perpetrate a colpi di machete in quei giorni, ma anche per porre i Paesi occidentali di fronte a una profonda riflessione su quanto, ancora alle porte del Nuovo millennio, l'uomo sia stato capace di esercitare lo sterminio contro i propri simili. I processi che si aprirono per ricercare i responsabili di quella che, a posteriori, fu definita una strage preparata, si chiusero con poche condanne. Molti autori dei massacri di quei giorni restarono impuniti.

Mattia Damiani

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