Giovani, eleganti e telegeniche. Ma come troppo spesso accade, anche fuorilegge. Si riaccendono i riflettori sul gabinetto del premier giapponese Shinzo Abe: due delle cinque donne ministro del suo esecutivo, infatti, si sono dimesse per aver abusato a vario titolo dei propri poteri. La prima ad abbandonare il posto è stata il nuovo ministro dell’economica Yuko Obuchi, accusata di sospette irregolarità nell’uso di fondi pubblici; poche ore dopo, invece, ha presentato le sue dimissioni il ministro della Giustizia Midori Matsushima, per aver violato la legge elettorale.
Le due donne ministro erano entrate nel governo a settembre, nell’ambito del primo restyling dell’esecutivo dall’arrivo al potere di Abe, nel 2012. L’operazione, che aveva visto la nomina di ben 5 nomi femminili per le poltrone dell’esecutivo,era finalizzata ad accrescere la popolarità del premier e farne un simbolo della politica a favore del ruolo femminile nel mercato del lavoro. Ma la scelta, almeno in parte, si sta rivelando un flop: in particolare la Obuchi, quarantenne figlia di un ex primo ministro e considerata fino a un mese fa l’immagine più adatta a convincere l’opinione pubblica sulla necessità di riapertura dei reattori nucleari chiusi dopo il disastro di Fukushima, è sospetta di aver speso tra il 2007 e il 2012, quando era ancora parlamentare, diversi milioni di yen – nonché centinaia di milioni di euro – senza alcun collegamento con la propria attività politica.
Un brutto colpo per il primo ministro a cui, alla luce di questo scandalo estremamente rischioso per la sua posizione nei sondaggi, non resta che manifestare la propria mortificazione: “Mi scuso profondamente e me ne assumo la responsabilità” ha dichiarato in conferenza stampa, poco prima delle dimissioni di Matsushima. I sostituti alle due donne saranno nominati oggi stesso.
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