Si è conclusa l'indagine della squadra di esperti dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) inviata ad aprile nella città siriana di Duma per indagare su un presunto attacco con armi proibite.
A renderlo noto è stato il ministero degli Esteri russo, rilanciato dall'agenzia di stampa Tass e dall'emittente Sky News Arabia.
Gli ispettori dell'Opac sono tornati giovedì sera nei Paesi Bassi, dopo una missione durata oltre 20 giorni in Siria. I primi componenti della squadra avevano raggiunto Damasco il 14 aprile. Gli ispettori dovevano accertare cosa fosse accaduto sabato 7 aprile, quando un gruppo armato ribelle e un'organizzazione di soccorritori presenti in città denunciarono un attacco con “gas tossico“, che avrebbe ucciso decine di persone e scatenò un'ondata di condanne internazionali. Sia Damasco che Mosca negano però che questo sia mai avvenuto. Qualche giorno dopo, l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) fece sapere di aver registrato almeno 500 pazienti che mostravano “segni e sintomi coerenti con l'esposizione a un attacco chimico”. I Caschi Bianchi parlarono di almeno 78 vittime causate dal raid, l'Oms riferì invece di 43 morti.
Domenica 15 aprile, l'Opac ha cominciato a indagare sul presunto attacco chimico compiuto a Duma, su richiesta dello stesso governo siriano. Il 21 aprile, gli ispettori sono riusciti a entrare nella Ghouta orientale e a raggiungere il sito. Il 25 aprile, la missione dell'Opac ha visitato un secondo sito a Duma e raccolto altri campioni. La città è rimasta per quasi un mese sotto il controllo della polizia militare russa, il che ha fatto crescere le preoccupazioni che le prove possano essere state manomesse o già compromesse.
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