Un nuovo capitolo della battaglia tra repubblicani e democratici sembra profilarsi all’orizzonte. Infatti ora, dopo la morte del giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Antonin Scalia, l’equilibrio all’interno del tribunale supremo potrebbe cambiare. Fino ad ora i giudici erano in maggioranza repubblicani: cinque di loro erano stati indicati da Ronald Reagan e George Bush, mentre gli altri quattro da Bill Clintorn e Barack Obama (Sonia Sotomayor e Elena Kagan). L’ultimo esempio di quanto sia importante la funzione della Corte Suprema per il governo del Paese era arrivata lo scorso 10 febbraio, quando i giudici hanno deciso di bloccare l’entrata in vigore del Clean Power Plan, proprio con 5 voti a favore e 4 contrari.
Così, se da una parte ora c’è il presidente degli Stati Uniti che ha prontamente dichiarato di voler “adempiere alle mie responsabilità costituzionali e di nominare a tempo debito un successore” ad Antonin Scalia, dall’altra i repubblicani hanno già lanciato quella che ha tutta l’aria di essere una “dichiarazione di guerra”, affermando di non avere nessuna intenzione di permettere a Obama di scegliere il nuovo giudice a vita.
La procedura per designare ciascuno dei nove alti magistrati è, in teoria, abbastanza semplice: il presidente in carica indica un nome poi il Sernato, ora a maggioranza repubblicana, deve confermarlo a maggioranza. Dal 1789 a oggi i bocciati dalla camera alta sono stati solo 36 su 160. Proprio per evitare questo tipo di controversie, i nove giudici, eletti a vita, avevano fatto sapere che nessuno si sarebbe ritirato volontariamente nell’anno elettorale.
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