Ancora il caso Charlottesville, ancora un’inversione di rotta da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Dopo le accuse dei giorni scorsi nei confronti di gruppi neonazisti e di suprematisti bianchi, il Tycoon è tornato sui suoi passi “condividendo” la responsabilità per i violenti fatti in Virginia anche all'”Alt-left”: “Non tutti coloro che hanno partecipato alla protesta erano neonazisti e suprematisti bianchi”, ha precisato in riferimento ai violenti episodi avvenuti nella giornata del 12 agosto scorso. “C’era un gruppo da una parte e un gruppo dall’altra”, ha spiegato il presidente, sostenendo che i liberali avevano organizzato la protesta proprio contro i suprematisti e che “hanno attaccato con violenza l’altro gruppo”.
Una posizione, quella di Trump, cambiata più volte: dopo le proteste arrivate da più parti (anche dagli stessi repubblicani), a seguito della mancata condanna nei confronti dei gruppi neonazisti dopo l’uccisione di una manifestante antirazzista, Heather Heyer, investita da un’auto lanciata sulla folla durante le proteste di Charlottesville, il presidente aveva in seguito usato parole dure per criticare le violenze neonaziste, definendo “criminali e banditi” gli esponenti dei movimenti estremisti, compreso il KKK, senza tirare però in ballo in modo diretto i suprematisti bianchi. L’inquilino della Casa Bianca ha giustificato il suo “ritardo” sostenendo di non aver subito condannato i violenti in quanto non a conoscenza di tutti i fatti: “Non ho aspettato a lungo, volevo essere sicuro, a differenza della maggior parte dei politici, che ciò che dicessi fosse corretto, e non fare una dichiarazione affrettata”.
A distanza di poche ore, però, il Tycoon ha fatto nuovamente dietrofront, allargando il fronte della condanna anche alla controparte affermando, in sostanza, che la colpa dei fatti di Charlottesville “è stata di tutti”. Dichiarazioni che, inevitabilmente, hanno riaperto una polemica già abbondantemente ampia sulle violenze dei suprematisti, portando Trump a commettere un’ulteriore gaffe “storica”, con una discutibile rievocazione addirittura di ufficiali confederati della Guerra civile, affiancati ai presidenti Usa: “Questa settimana vogliono rimuovere le statue di Lee. Poi, ‘Stonewall’ Jackson. Poi toccherà a George Washington? George Washington era un proprietario di schiavi. Dobbiamo abbattere le statue di George Washington?”. Affermazioni coincise, inevitabilmente, con un clima di imbarazzo generale nella sala della conferenza.
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