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Sanremo: che polemica sia

E dunque Festival sia. Tanto quello delle canzonette, ormai accessorio ludico di una manifestazione dove la vera cifra è simile alle gare di Formula uno dove tutti aspettando l’incidente, leggasi polemiche, vere e presunte. Perché senza il classico corollario di veleni e controveleni, conflitti d’interessi, evidenti o solo latenti, il Festival di Sanremo non sarebbe l’evento nazional popolare per antonomasia. Necessario a tutti, a chi lo fa e a chi lo subisce. Senza le cinque giornate delle ugole il Paese sarebbe sordo e muto, privo di quel sottofondo sul quale si costruiscono sogni e bisogni. Ma soprattutto similitudini e contrasti.

Alla fine chiunque troverà il suo motivetto da adottare, anche coloro che il Festival non lo guardano, per principio. Perché Sanremo è sempre Sanremo. Una prova su tutte. Dopo paginate, servizi televisivi a ripetizione, accuse e controaccuse ecco finalmente la voce della Rai sulla polemica del presunto conflitto d’interessi del conduttore e direttore artistico Claudio Baglioni con gli addetti ai lavori che ruotano attorno alla manifestazione. “La clausola di trasparenza, c’è ed è stata rispettata, il contratto di Claudio Baglioni è in linea con quello firmato dai direttori artistici precedenti” ha chiarito il vicedirettore di Rai Uno, Claudio Fasulo. “Le nostre scelte sono inattaccabili dal punto di vista della qualità. Questa situazione è figlia di un mercato molto concentrato, ma nella assoluta trasparenza”, ha aggiunto.  Vai a spiegargli che se la “selva” è stata disboscata è anche colpa della Rai, che ha trasformato la manifestazione in un colossale affare, smettendo di  essere una portaerei, dalla qual far decollare nuove voci, ( ricordate la storia di Vasco Rossi?). Sul palco ormai va di moda l’usato sicuro e il nome affidabile. Pochi rischi molto margine.

Sostiene Teresa De Santis, direttore di Rai Uno in quota Lega, che questo Sanremo2019 ha già centrato il record della raccolta pubblicitaria, che “viaggia tra i 28 e i 29 milioni, almeno 3 di più dello scorso anno”. Parallelamente, ha spiegato la timoniera del primo canale, “c’è stato un lavoro molto forte di contrazione dei costi. Molti artisti, anche grandi, sono venuti a titolo nominale, a meno dei rimborsi spese”, sottolinea ancora. Uno sforzo “in linea con il momento del Paese: è una forma di rispetto degli artisti nel rapportarsi con il resto di un Paese che qualche volta soffre e arranca”.  

Dunque non solo affari, ma anche politica, visto che la Rai vive su Sanremo. “Questo non sarà un Festival politico, almeno non nell’accezione che si poteva pensare. Sarà un Festival che si basa sulle canzoni”, ha chiosato Baglioni, in conferenza stampa.  Ecco, la sensazione è che, alla fine, assisteremo all’esatto contrario. Temiamo che questa edizione, alla fine, si rivelerà come la più politica di tutte, proprio perché tutti si stanno dannando l’anima per spoliticizzarla. Speriamo allora in Riccardo Cocciante, tra gli ultimi arrivati, come ospite, nella terza serata. Speriamo ci salvi lui…

Enrico Paoli

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