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ROMA, LE MERAVIGLIE DELLA BASILICA SOTTERRANEA DI NUOVO APERTE AL PUBBLICO

Riapre al pubblico, dopo decenni di chiusura, la Basilica Sotterranea, un monumento risalente all’età augustea rimasto nascosto per quasi due millenni nelle viscere di Roma sotto la centralissima via Prenestina, a un passo da Piazza Maggiore. Scoperto e portato alla luce per caso nel 1917, oggetto di importanti restauri negli anni Cinquanta, questo gioiello dell’arte augustea, monumento privato della Roma pagana la cui funzione rimane a tutt’oggi sconosciuta è stato di fatto quasi sempre inaccessibile ai visitatori.

Ora, a conclusione di una prima fase di messa in sicurezza e restauri (due anni di lavori con un finanziamento Arcus di 500 mila euro) alcuni fortunati potranno riscoprirlo approfittando delle visite guidate aperte su prenotazione ogni II e IV domenica del mese dal soprintendente Francesco Prosperetti. Escursioni di breve durata e limitate al minimo per non danneggiare il delicatissimo equilibrio della struttura, assicurato da otto complessi macchinari che rendono l’aria pulita “come quella di una sala operatoria” e assicurano il monitoraggio della temperatura e dell’umidità, indispensabile per la conservazione di questo capolavoro.

La struttura è ancora ben conservata nonostante i secoli di interramento. Dopo aver percorso una scala che conduce fino a nove metri sotto il livello della strada e quel che resta del Dromos – un lungo corridoio buio che nell’antichità portava sottoterra fino agli ambienti della Basilica – il visitatore potrà ammirare nel Vestibolo gli affreschi a colori e un lucernario che, dall’alto, inonda di luce. La Basilica ha una pianta che richiama quella delle successive basiliche cristiane facendo dell’edificio un unicum che non trova eguali in tutto il mondo romano antico.

L’elegante pavimento in mosaico bianco a cornici nere è quasi intatto. Sulla lunga volta della navata centrale, così come nella parte superiore dell’abside, si possono ancora ammirare una serie di candidi stucchi miracolosamente sopravvissuti che rimandano a episodi della mitologia greco romana. Sull’abside centrale viene raffigurata Saffo nell’atto di gettarsi in mare. La parte inferiore è interamente dipinta di un azzurro profondo che doveva richiamare il colore dell’acqua in cui si suicidò la poetessa di Lesbo.

La destinazione del grande complesso è tuttora misteriosa. Gli studiosi sono divisi tra chi pensa che si trattasse di un luogo di culto, per lo più neo pitagorico secondo la teoria di Jerome Carcopino, e chi invece pensa a un monumento funebre per aristocratici. “Forse fu entrambe le cose, anche se gli scavi non ci hanno offerto indizi ulteriori” sottolinea Sciortino. La soluzione potrebbe arrivare dall’imminente ripresa degli studi e dai restauri che possono proseguire grazie al finanziamento dalla Soprintendenza. Per completarli, ci vorranno dai 3 ai 5 anni per un costo complessivo di 2,5 milioni di euro. Soldi e fatica necessari affinché questo unico e inimitabile gioiello di archeologia romana possa tornare a risplendere agli occhi dei tanti suoi ammiratori.

Milena Castigli

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