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Il film su Martin Luter King proiettato verso l’Oscar

E’ proiettato verso l’Oscar “Selma”, primo biopic per il cinema su Martin Luther King (David Oyelowo), in uscita negli Usa dal 25 dicembre e in Italia dal 12 febbraio; grazie alle 5 candidature agli Independent Spirit Awards e alle 4 ai Golden Globe, tra cui quella per la regia a Ava DuVernay, prima donna cineasta afroamericana a entrare nella shortlist. Al centro, un capitolo fondamentale della battaglia per diritti civili degli afro-americani: le marce guidate da King nel 1965 da Selma a Montgomery.

Un tema quanto mai attuale viste le tensioni razziali degli ultimi mesi negli Usa, con le proteste a Ferguson e in altre città. “Ferguson è uno specchio del passato – ha spiegato a The Wrap Ava DuVernay – e Selma è uno specchio dell’oggi, siamo in un triste distorto continuum. E’ veramente tempo di guardare in quello specchio”. Nel cast, fra gli altri, anche Tom Wilkinson (nei panni del presidente Lyndon Johnson), Carmen Ejogo (interprete della moglie di King, Coretta) Oprah Winfrey (che è anche coproduttrice del film), Tim Roth, Cuba Gooding Jr, Dylan Baker, Martin Sheen e Giovanni Ribisi.

Il film ripercorre i fatti di Selma e ne racconta l’impatto mediatico, che portò ad agosto del 1965 Lyndon Johnson a firmare il Voting Rights Act che garantiva il diritto di voto contro ogni forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa e di genere. Le marce, organizzate dai movimenti dei quali King era leader, proprio per far valere questo diritto, furono tre, nel marzo 1965, da una piccola città dell’Alabama, Selma, alla capitale dello Stato, Montgomery. La prima (7 marzo) è ricordata come ‘Bloody Sunday’ perché fu repressa dalla polizia con cariche, gas lacrimogeni e manganelli. Una violenza che ebbe un forte impatto sull’opinione pubblica e portò a Selma migliaia di altri attivisti, fra cui anche personaggi famosi come Leonard Bernstein, Joan Baez, Harry Belafonte e Nina Simone. Qualche giorno dopo ci fu una seconda marcia, bloccata prima di Montgomery, che invece fu raggiunta con la terza marcia (21 marzo), nella quale i manifestanti furono scortati dall’esercito.

Sara Sbaffi

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