L'idea di riaprire le case chiuse è fuori dalla storia. Il vero problema che la politica ha il dovere di affrontare sono le decine di migliaia di donne, anche giovanissime, costrette a prostituirsi, rese schiave dalla criminalità organizzata e dai clienti che sfruttano la loro condizione di vulnerabilità”. Sono queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo Ramonda, presidente dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito alla dichiarazione del Vice-Premier Matteo Salvini sulla riapertura delle case chiuse, fatta la margine della cerimonia di consegna di Costa Venezia, a Monfalcone. “Ero e conrinuo ad essere favorevole alla riapertura delle case chiuse – ha affermato Salvini – Non c'è nel contratto, perché i 5S non la pensano così, però io continuo a ritenere che togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business, anche dal punto di vista sanitario” sia la strada giusta e “che il modello austriaco sia quello più efficiente”.
“Non basta dire che l'attuale Governo non intende intervenire sul tema. – ha aggiunto Ramonda – Chiediamo ai governanti di adottare le misure necessarie per liberare queste donne. La soluzione non è l'Austria, nei cui night club non vi sono donne austriache ma persone vulnerabili che provengono da Paesi poveri. La vera soluzione è il modello nordico in cui si prevede la sanzione ai clienti, considerati corresponsabili della riduzione in schiavitù di queste persone. Invitiamo il Ministro Salvini a visitare una delle nostre case famiglia in cui sono accolte le vittime della tratta a causa della prostituzione”.
A stretto giro è arrivato il comunicato congiunto del Segretario confederale della Cisl, Giorgio Graziani e della Responsabile del Coordinamento Donne della Cisl, Liliana Ocmin, nel quale si spiega che “all’uscita estemporanea del Ministro Salvini sul dramma della prostituzione, la Cisl ed il Coordinamento nazionale donne Cisl rispondono che continuiamo ad essere contrari alla riapertura delle case chiuse”. Nel testo si specifica che “solo di un provvedimento abbiamo bisogno in questo momento per togliere molte ragazze, soprattutto straniere, dalle strade delle nostre città ed è quello di approvare una legge che combatta lo sfruttamento e la schiavitù di queste donne, spesso minorenni, punendo anche i clienti. In altri paesi del nord-Europa dove è stata sperimentata tale tipo di legislazione si è registrata una consistente diminuzione del fenomeno”.
E ancora: “Riaprire le case chiuse, poi, oltre a togliere dignità alle donne, favorendo lo svilimento del loro corpo, non garantisce affatto che il sistema non diventi un affare 'legale' per le mafie. La prostituzione per noi non potrà mai assurgere al rango di lavoro. Questa convinzione non nasce per partito preso, ma guardando negli occhi le tante vittime che portano ancora addosso i segni della loro sovente forzata condizione. Una domanda, infine, vogliamo porre a chi ritiene che invece sia una libera scelta ed un lavoro: augurerebbe un lavoro del genere ad una sua figlia?”.
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