Dal 2014, oltre 7000 bambini sono stati sequestrati, abusati, obbligati a sposarsi e a convertirsi all’Islam dalla furia islamista di Boko Haram, gruppo terrorista attivo nella zona nord orientale della Nigeria. Circa 3,900 minori sotto i 18 anni sono stati uccisi.
Lo rivela il “primo studio del segretario generale delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti armati 2013-2016” in cui si dimostra come migliaia di minori siano stati utilizzati dai radicalizzati islamici per attentati suicida e continuino a soffrire crudeltà per mano del gruppo terrorista, il cui nome, tradotto, significa: “L’educazione occidentale è peccato”.
In tre anni – rivela lo studio – sono stati reclutati migliaia di minori e bambini. Gli attacchi contro le comunità e gli scontri contro gli agenti della sicurezza hanno lasciato mutilati 7300 minori. Nel rapporto delle Nazioni Unite risaltano anche gli attentati suicida come seconda causa di morte tra i piccoli.
Da alcune testimonianze dei minori liberati dalle grinfie dei terroristi, emerge che la maggior parte di loro sono stati sequestrati dalle famiglie di origine; altri, invece, si sono arruolati “spontaneamente” per motivi economici o per pressioni familiari. In alcuni casi, infatti, sono stati gli stessi genitori a consegnare i propri figli ai terroristi per ricevere protezione o vantaggi economici.
Secondo l’Onu, le scuole sono gli obiettivi principali degli attacchi terroristici: dal 2014, almeno 1500 edifici scolastici sono stati distrutti e sono state registrate 1280 vittime tra studenti e professori. Una ecatombe che ancora non si è conclusa.
Il mese scorso sono stati tre anni da quando i militanti di Boko Haram durante un’imboscata nella piccola città nigeriana di Chibok nel bel mezzo della notte hanno rapito 276 studentesse per poi sparire nella foresta.
Quasi 200 ragazze non sono ancora state rilasciate e non si sa che fine abbiano fatto, nonostante una massiccia campagna sul social media che ha spinto milioni di persone, tra cui diverse celebrità e l’ex first lady Michelle Obama, a porre attenzione alla vicenda utilizzando l’hastag #bringbackourgirls.
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