In Libia la situazione è fuori controllo. Al momento sarebbero 24.400 le persone sfollate, oltre 1100 i rifugiati rinchiusi nei centri di detenzione nelle zone di conflitto, e poi ci sono richieste continue di aiuto, più di 1.400 richieste arrivate da famiglie che cercano di scappare dalle aree coinvolte negli scontri. A raccontare il dramma a Redattore Sociale è Federico Prelati, capo missione in Libia di Intersos. “In questo momento abbiamo chiuso il centro per minori di Suq Al Juma che si trova in una zona di Tripoli, al confine con l’area combattimenti, per non rischiare che venga coinvolto nei bombardamenti – spiega -. Abbiamo spostato lo staff che ora lavora solo attraverso team mobili sul terreno in coordinamento con le Nazioni Unite”.
Prelati spiega a Redattore Sociale che “la nostra attenzione, in particolare, è sul supporto ai minori. In questo momento stiamo portando aiuto alle persone che cercano rifugio in situazioni spontanee come le scuole, le moschee. Si tratta di persone sfollate, di migranti, degli stessi cittadini di Tripoli. Abbiamo anche richieste di aiuto da famiglie con bambini e ci stiamo occupando di minori non accompagnati”. Finora le persone che hanno ricevuto aiuti umanitari, nelle zone degli scontri, sono oltre seimila: c’è chi chiede un letto, una coperta oppure cibo. Ma Prelati spiega che si sta lavorando anche sui più piccoli per ridurre lo stress causato dalla situazione, attraverso la distribuzione di giocattoli, colori, libri.
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