I due quinti dell'umanità sono minacciati dal degrado del suolo. E' quanto rivela un vasto studio dell'Onu, condotto per tre anni da oltre un centinaio di scienziati, nell'ambito della Piattaforma intergoverantiva politico-scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes), sostenuta da 129 Paesi.
Nella ricerca presentata dalle Nazioni Uniti, si legge come la perdita di vegetazione, deforestazione, prosciugamento di zone umide, conversione di praterie, espansione urbana e inquinamento costano all'umanità più del 10% del pil globale attraverso la perdita di servizi ecosistemici, come la cattura del carbonio e la produttività agricola.
Secondo gli scienziati, con il progressivo aumento del degrado del suolo, aumenta anche il rischio di inondazioni ed erosione e il diffondersi di malattie infettive come Ebola e il virus Marbug. Nelle aree più colpite dal fenomeno, i conflitti aumentano del 45%, spingendo la popolazione ad emigrare. Secondo lo studio, entro il 2050 da 50 a 700 milioni di persone potrebbero dover lasciare le loro terre, se non si prendono provvedimenti.
Le zone più a rischio sono il Sud dell'Iraq, l'Afghanistan, l'Africa Sub-Sahariana e l'Asia Meridionale.
La ricerca dell'Ipbes auspica incentivi all'aumento della produttività dei terreni, piuttosto che a nuovo consumo del suolo, e l'eliminazione dei sussidi agricoli che promuovono il degrado. Si dovrebbe inoltre investire sul recupero dei suoi degradati. Secondo lo studio, i consumatori dovrebbero cambiare le loro abitudini alimentari, mangiando più vegetali, che consumano il suolo molto meno dell'allevamento.
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