Era rimasto vittima di un incidente stradale nel 1988 e, da allora, ha vissuto in stato vegetativo. Per trentuno lunghissimi anni, accudito dai suoi familiari che, per prendersi cura di lui, avevano perfino rinunciato al loro lavoro: una storia che, a differenza di altri casi, non ha un lieto fine, nonostante sia stata accompagnata da un intenso amore familiare. E’ morto venerdì 23 agosto a Brescia Ignazio Okamoto, dopo essere entrato in stato vegetativo in seguito a un incidente stradale nel 1988. Figlio di una donna italiana, Marina, e di un messicano di origini giapponesi, Hector, che lo hanno tenuto in casa, a Collebeato in provincia di Brescia, e accudito con grande dedizione per tutti questi anni. “Per 31 anni ci siamo isolati dal mondo” ha raccontato la donna al Giornale di Brescia. “Mio marito ha lasciato il lavoro per seguire nostro figlio”.
Ignazio Okamoto, soprannominato “Cito”, è entrato in come la sera tra il 19 e il 20 marzo 1988 dopo che la macchina su cui viaggiava con altri quattro amici è uscita di strada lungo la A22 del Brennero, vicino a Nogarole di Rocca. Uno dei ragazzi mortì sul colpo. “Cito” aveva 22 anni quando è avvenuto l’incidente, è spirato a 54. Tre decenni di sofferenza ma anche di amore genitoriale, mai mancato lungo tutti questi anni. Difficili, drammatici ma certamente vissuti nell'assolvimento totale del significato dell'essere famiglia.
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