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Conflitto in Israele, Lucia D’Anna: “Dove c’è odio e vendetta non esiste alcun Dio”

Gerusalemme, da ormai più di due settimane, non è più la stessa, è diventata una città fantasma. Le sue strade sono vuote e i pochi che percorrono la vie della città vecchia non sono più i turisti in cerca di souvenir, ma gli abitanti che si concedono un’ora d’aria. Alcuni passeggiano increduli per quanto sta accadendo, altri camminano veloci, impauriti che qualcosa all’improvviso possa accadere. Chi invece è di fede cristiana si ferma in una chiesa per accendere una candela e pregare per la pace. Si attendono notizie dal fronte, ma si teme che a breve non ne arriveranno più, in quanto sembra che a Gaza e dintorni nelle prossime ore non ci sarà nemmeno più internet.

L’intervista

Lucia D’Anna è una giovane donna, insegnante di violoncello, nata a Varese e arrivata a Gerusalemme otto anni fa spinta dalla passione per la musica. Qui ha conosciuto suo marito, palestinese arabo, di fede cristiana e con carta d’identità israeliana. A Gerusalemme hanno costruito la loro famiglia che tre anni fa è stata impreziosita dall’arrivo del loro figlioletto. Interris.it l’ha raggiunta al telefono per avere testimonianza di come la città santa sta vivendo questi giorni di paura e di insicurezza. 

Lucia, voi cristiani come vivete questa violenza che vi circonda?

“Siamo distrutti e allo stesso tempo molto arrabbiati perché si tratta di un odio inutile ed incontrollabile che non fa l’interesse di nessuno. Questa condizione ci ha portato a rinchiuderci in casa dove preghiamo molto di più del solito e ci concediamo solo qualche passeggiatina al giorno in un ambiente spettrale. Serrande abbassate, persone che camminano veloci, ragazzini che preferiscono non andare a scuola perché temono di incontrare un israeliano o un colono a che li possa picchiare”. 

Questa situazione porterà a una difficoltà di convivenza?

“Io e mio marito insegniamo musica nell’istituto Magnificat della Custodia di Terra Santa e molti degli altri insegnanti sono israeliani, mentre alcuni degli allievi sono palestinesi. Alla luce di questa ventata di cattiveria ci chiediamo come sia possibile andare avanti e fare coesistere due gruppi così eterogenei che si sentono offesi l’uno dall’altro. Penso ci sarà bisogno di uno psicologo a scuola che aiuti ognuno di noi a fare un passo oltre alla rabbia”.

Come spiegate a vostro figlio tutto questo odio?

“Questa per noi è la parte più difficile e triste perché non troviamo le parole giuste per fargli comprendere che cosa sta realmente accadendo. Lui ha visto i primi missili su Gerusalemme perché il suo asilo quel giorno è stato evacuato e da allora è entrato in uno stato confusionale e ha iniziato a chiedere costantemente chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Qualche giorno fa lo abbiamo sentito che recitava in arabo la preghiera di San Francesco e da quel momento ogni sera la recitiamo assieme perché è l’unica cosa che lo riesce davvero a calmare”.

In questa terra che ha dato i natali al figlio di Dio, secondo lei ci sarà mai la pace?

“Ce lo chiediamo in tanti e se fino a due settimane fa avrei detto di sì, ora ho dei dubbi perché questa ventata di odio ha spazzato via ogni buon proposito e davvero io non riesco a capire come in Terra Santa possa accadere tutto ciò. Ad inizio ottobre con la nostra scuola abbiamo partecipato al festival della musica ad Abu-Gosh, in cui ebrei, musulmani e cristiani suonano assieme. Quest’anno eravamo tornati entusiasti perché per la prima volta stranamente tutto era andato molto bene, abbiamo suonato e passato tre giorni davvero piacevoli”. 

Si chiede mai dove è Dio in tutto ciò?

“In realtà, come ha detto il cardinale Pierbattista Pizzaballa sarebbe da chiedersi dove è l’uomo in questi momenti. É lui infatti, che si sta dimenticando dell’amore che gli è stato dato gratuitamente e non lo sa o vuole usare per far del bene agli altri uomini. Il solo pensiero che per Hamas questa è una guerra santa ci fa rabbrividire perché dove c’è odio e vendetta non esiste alcun Dio”. 

Elena Padovan

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