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Al via il “pellegrinaggio di solidarietà” da Gaza a Gerusalemme

Siamo qui per testimoniarvi l’universalità della Chiesa e la nostra attenzione e sollecitudine per voi. Il Signore ci insegna a non essere indifferenti davanti alla vita dei nostri fratelli e del nostro prossimo”. Così mons. Timothy Broglio, arcivescovo ordinario militare per gli Stati Uniti d’America, ha salutato domenica 13 gennaio la comunità cattolica di Gaza durante la messa celebrata nella parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica della Striscia. Si è trattato del primo appuntamento del pellegrinaggio di solidarietà (in programma da oggi, 11 gennaaio 2020, fino a sabato 16) dei vescovi del Coordinamento della Terra Santa (Hlc) in corso tra Gaza, Ramallah e Gerusalemme Est. Il gruppo dei vescovi delegati delle Conferenze episcopali europee, del Nord America, con rappresentanti del Ccee e Comece, è stato accolto al valico di Erez, al confine con Israele, dal parroco della Striscia, padre Gabriel Romanelli. In chiesa l’incontro con la comunità e la messa.

L'esodo da Gaza

Commentando il passo del Vangelo del Battesimo di Gesù, mons. Broglio ha ricordato che “la vita, l’armonia e la pienezza dei cristiani rifiutano sempre posizioni unilaterali che non fanno altro che rinchiuderci dentro noi stessi. A volte dobbiamo sacrificare parte della nostra libertà per dare buon esempio di rettitudine. Occorrono umiltà e coraggio nelle prove e nelle sofferenze. Difficile soprattutto per voi nella vostra realtà. Ma il Battesimo di Gesù ci spinge su questa via. Per sconfiggere il male dobbiamo vivere in comunione con Cristo”. “La Chiesa – ha concluso – continuerà senza sosta a invocare giustizia, rispetto e uguaglianza per chi vive nella stessa terra”. Dopo la messa la delegazione Hlc ha fatto visita ai bambini disabili della casa di accoglienza “Home of peace” gestita dalle suore di Madre Teresa di Calcutta che hanno da poco aperto un’altra ala per ospitare adulti e anziani malati e soli e poi all’ambulatorio della Caritas Gerusalemme con alcuni giovani beneficiari di un progetto di “job creation”. Proprio il problema dell'esodo dei giovani da Gaza è stato al centro del saluto finale del parroco alla delegazione. “Da parte nostra – ha detto Don Romanelli ringraziando i vescovi per il loro sostegno – cerchiamo di rafforzare la nostra comunità con una lunga serie di attività pastorali. È difficile – ha rimarcato – perché bisogna fronteggiare il lento esodo dei cristiani da Gaza: 15 anni fa erano oltre 3.500, oggi poco meno di 1.000. Senza aiuto saremo destinati a fare la fine di Libia e Afghanistan, dove la presenza cristiana è praticamente scomparsa”.

Cristiani perseguitati

Secondo i dati raccolti da porteaperteitalia.org sui cristiani perseguitati nel mondo, la Libia è un Paese in cui i cristiani sono una minoranza molto esigua, composta per lo più da stranieri in cerca di lavoro o di un mezzo per raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo. I profughi cristiani provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana devono affrontare non solo l’intolleranza della popolazione in generale, ma anche i pregiudizi razziali. I gruppi militanti islamici, che si sono moltiplicati dalla caduta del regime di Gheddafi nel 2011, sono un’ulteriore minaccia per i cristiani in Libia. In Afghanistan va anche peggio: su una popolazione di oltre 34 milioni di persone, i cristiani sono solo poche centinaia. La Repubblica islamica dell’Afghanistan – essendo per costituzione uno Stato islamico – non permette infatti a nessun cittadino afghano di diventare cristiano, né riconosce i convertiti come tali: la conversione è considerata apostasia anceh dalla stessa famiglia e clan tribale. Nel nord del Paese, i Talebani hanno aumentato il loro controllo esercitano un’influenza crescente sulla popolazione: qui i cristiani vengono scacciati dalle proprie famiglie, internati in manicomio come pazzi o uccisi.

Milena Castigli

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