La detenzione non è solo quel periodo della vita in cui bisogna scontare la pena per un reato compiuto. I detenuti trascorrono periodi più o meno lunghi dietro le sbarre per prepararsi ad una nuova vita. Il carcere non è esclusione, il carcere deve fare da ponte tra la vita che si svolge all’interno dell’istituto e la vita fuori. Per questo anche a Venezia, come in tante altre carceri italiane dal 2009 all’interno del carcere maschile di Santa Maria Maggiore di Venezia è attiva Rio Terà dei Pensieri. Una cooperativa che con i suoi progetti coinvolge alcuni detenuti coordinati da un educatore, in un percorso lavorativo che può portare alla loro assunzione una volta terminato il periodo di detenzione. Nel 2013, come sviluppo di questa attività e per dare continuità all’inserimento lavorativo dei detenuti, è nato anche un laboratorio di riciclo PVC esterno al carcere.
Interris.it ne ha parlato con la presidente della Cooperativa Rio Terà dei Pensieri Liri Longo: “Le malefatte è un progetto di una cooperativa sociale che si chiama Rio Terà dei pensieri, nata appunto 26 anni fa e che ha dato vita alle attività nel carcere maschile e femminile di Venezia. La scelta che è stata fatta da subito è stata quella di legarsi al territorio in cui si trova. Per questo sin da subito siamo andati a riprendere delle aree abbandonate per rivalutarle. Tra queste abbiamo scelto la zona verde intorno ad un ex convento situato sull’ isola della Giudecca di Venezia che era stata abbandonata da quando era diventato carcere. La cooperativa ha rilevato la zona e l’ha trasformata in un orto ed oggi funziona come sede lavorativa per le nostre detenute”.
La Cooperativa Sociale Rio Terà dei Pensieri è stata costituita nel 1994 e annovera tra i propri soci sia detenuti che persone libere. Le attività sono iniziate per offrire alle persone detenute un’alternativa alla cella, in un’ottica prevalente di risocializzazione e attingendo alle risorse del volontariato. L’obiettivo della Cooperativa è proprio quello della formazione professionale e del lavoro, considerandoli gli strumenti principali per per avviare percorsi di responsabilizzazione ed inclusione sociale. I detenuti e le detenute quindi, anch’essi soci lavoratori della cooperativa, coadiuvati da docenti, collaboratori e volontari, producono oggi articoli serigrafati, borse e accessori in PVC riciclato, creano linee di cosmetici e coltivano ortaggi biologici. Il loro lavoro viene commercializzato sia attraverso la vendita al dettaglio che commissioni pubbliche e private.
“Il nostro laboratorio è aperto a chiunque voglia condividere il nostro impegno sociale. Collaboriamo con il settore pubblico e privato, aziende, associazioni, in eventi e manifestazioni. Per la post detenzione abbiamo alcune opportunità. Tra queste un laboratorio di produzione di borse. Investiamo molto nella voglia di riscatto delle persone, perché ognuno merita una seconda possibilità per ricominciare”.
“Il percorso di rinascita deve partire dalle persone, bisogna cercare di fare di questo tempo un periodo che faccia cambiare tutti, uscendo diversi. In questo senso trovare durante la detenzione, un interlocutore come la cooperativa offre un’opportunità per queste persone per credere anche in questo cambiamento che si concretizza nel rispetto delle regole. Inoltre si acquisisce fiducia in sé stessi e poi si comincia a percepire del reddito che aiuta a riacquistare la dignità di uomini e donne. In ultimo, ma non per ultimo, forniamo assistenza sempre in quanto operatori che possiamo offrire occasione di scambio sui vari aspetti della vita”.
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