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Un ponte per l’Africa: la cultura come antidoto alla sofferenza

L’accesso alla cultura come strumento di elevazione sociale. Laddove, chiaramente, questo sia organizzato e regolarizzato, al fine di garantirne una fruizione equa. Ciò che, fin qui, è avvenuto solo saltuariamente in Africa. Perlomeno in quei contesti in cui l’accesso alla cultura sia stato consentito da situazioni di sostanziale stabilità economico-politica. Eppure, in una fase di discussione e spinta propulsiva in direzione di un ponte verso il continente africano orientato allo sviluppo e all’interazione prolifica in termini di valorizzazione della forza lavoro, c’è chi continua a lavorare per garantire la stessa progettualità anche in ambito culturale. L’obiettivo è offrire all’Africa una possibilità attraverso l’implementazione delle attività culturali presenti sul territorio, supportate da enti europei che, da anni, offrono il loro sostegno agli apparati emergenti sul continente.

Incontro a Kigali

Quest’anno, l’iniziativa è stata presa dalla Rwanda art Initiative, sede della Triennale di Kigali (16-25 febbraio) e, nondimeno, del nuovo incontro tra il Teatro della Pergola di Firenze, il Théâtre de la Ville di Parigi e gli esponenti delle associazioni culturali africane a essi collegate. Con l’urgenza, in questa occasione, di affrontare sia i fattori di instabilità che le soluzioni offerte affinché le attività culturali possano costituire realmente un’alternativa alle criticità interne. Nello specifico, nell’incontro del 19 febbraio, si è discusso in particolare dell’impatto delle instabilità sociali sui giovani. Proprio perché “la stragrande maggioranza dei paesi africani non è stata in grado finora di stabilire un accesso organizzato e regolare alla cultura, non consentendo a quest’ultima di essere parte di una dinamica di cooperazione e coesione sociale”.

Un ponte per l’Africa

Una situazione indicata, dai partecipanti, come “una delle principali cause delle molteplici crisi multidimensionali in Africa, con i milioni di morti e sofferenze indicibili: dal Congo ai paesi del Sahel”. Con ripercussioni particolarmente amplificate “tra i giovani, la cui impazienza di accedere a una vita migliore si spinge sempre più agli estremi. Mentre alcuni aspirano a rifugiarsi economicamente in Europa, molti altri sono affascinati dalle teorie del ‘complotto’ occidentale contro l’Africa e si lasciano trascinare molto facilmente”. Un quadro che, chiaramente, finisce per favorire “l’economia criminale che reclutano sempre più all’interno di un simile bacino”. La Triennale, in sostanza, si è posta la mission di offrire uno spaccato su una realtà fin troppo spesso lasciata maturare senza interventi specifici per limitarne gli effetti. Da qui, la proposta di “soluzioni concrete basate sulla loro attività e sulle prospettive di cooperazione internazionale”.

Piano Mattei per la cultura

Una sorta di “Piano Mattei” declinato all’ambito culturale, nel quale “l’accesso organizzato e regolare alla cultura contemporanea può offrire un’alternativa”, bilanciando informazione e coscienza critica sulla propria società. Ma, soprattutto, aprendo “le menti all’innovazione”, alla capacità “di comprendere i problemi del mondo di oggi e di installare nei cuori la accettazione della differenza degli altri”. Un obiettivo perseguibile unicamente attraverso la combinazione di elementi quali “opportunità comuni di partenariato tra strutture culturali africane emergenti e anche con luoghi artistici europei”, con riferimento alla Carta Europea dei Giovani 18-XXI. Un’occasione per costruire un ponte culturale, non solo di conoscenza ma anche di interazione. Con qualche esempio virtuoso nato da tali iniziative, come il Naïf Théâtre (Francia) di Richard Demarcy e il Linga Téré (RCA) di Vincent Mambachaka.

Damiano Mattana

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