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Rigenerare i borghi spopolati: ecco quale nuovo modello è possibile

I borghi rappresentano la memoria storica d’Italia. Tesoro di arte e storia che da Nord a Sud costituiscono un valore aggiunto per il turismo italiano. Tessere di un millenario mosaico che unisce frammenti collettivi di identità e tradizione. Sono stati presentati i progetti per il rilancio dei borghi italiani previsto dal PNRR.  Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il piano approvato nel 2021 dall’Italia per rilanciarne l’economia dopo la pandemia di COVID-19. Al fine di permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese. Due linee di azione sono state individuate da Regioni e Province autonome. La selezione per la valorizzazione dei borghi è avvenuta tramite avviso pubblico rivolto ai comuni.

Riscoperta

Sono oltre 6mila i borghi italiani “spopolati”. Il censimento condotto dall’Istat nel 2020, ha portato alla luce che alcune meraviglie del Paese, ormai abbandonate, rischiano, adesso, l’estinzione. Eppure, da qualche anno, parole come Great Resignation e City Quitters sono anglicismi entrati nel gergo comune per esprimere una tendenza contemporanea. Ossia rifiutare il modello di sviluppo industriale urbano-centrico stimolato in tutto il Novecento da un sistema sempre più a trazione capitalistica. A beneficio della riscoperta di una dimensione locale dove coniugare valorizzazione del paesaggio e recupero delle tradizioni e del patrimonio culturale di piccole comunità.

Focus sui borghi

Proprio di questi temi si è occupato il convegno “Recupero del patrimonio e innovazione tecnologica. Quali opportunità per lavoratori e imprese?”. Ad organizzarlo a Roma è stato l’Osservatorio sulle trasformazioni del lavoro e della formazione continua promosso da FondItalia e CNR-ISEM Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea. Nella sala “Gianfranco Imperatori” dell’Associazione Civita sono state presentate “case history” significative. E sono state discusse le strategie messe in campo dall’Unione Europea per il recupero e la rigenerazione dei borghi antichi. “L’innovazione tecnologica può favore e stimolare questi processi -spiegano gli organizzatori-. Così viene conferita una nuova centralità a territori rimasti ai margini dei processi di sviluppo nel corso del XX secolo”. Ma quali strumenti dovrebbero essere impiegati? Quali investimenti potrebbero essere attuati attingendo alle risorse del PNRR? Quali competenze necessitano lavoratori e imprese per dare forma a questo innovativo disegno?

Innovazione

A queste e molte altre domande hanno risposto i relatori del convegno. Tra questi, Isabella Cecchini, ricercatrice del CNR–ISEM, che ha parlato del “caso Venezia”. Ossia dello spopolamento, il consumo turistico e la riqualificazione urbana tra innovazione tecnologica e nuove competenze. Un contributo rilevante è arrivato, poi, dalla testimonianza di Angelo Cattaneo, ricercatore CNR-ISEM, sulle “unicità aperte” dei villaggi dei cristiani nascosti in Giappone. Un caso di recupero minuzioso del patrimonio culturale in territori periferici. Inoltre Gianpaolo Basile, dell’Università Mercatorum, ha illustrato le strategie dell’Unione Europea per il recupero dei borghi antichi.

Aree spopolate

In apertura i saluti istituzionali di Francesco Franco, presidente di FondItalia e Egidio Sangue, vicepresidente e direttore del Fondo. Nicola Patrizi, presidente di FederTerziario. Luca Malcotti, vicesegretario generale dell’UGL (Unione generale del Lavoro). A chiudere il convegno, il senatore Claudio Barbaro, sottosegretario del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Competenze, formazione, fondi a disposizione, dunque. La riqualificazione delle aree spopolate è stata il tema centrale del convegno organizzato dall’Osservatorio sulle trasformazioni del lavoro e della formazione continua. Un evento promosso da FondItalia in collaborazione con il CNR–ISEM Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea.

 

Giacomo Galeazzi

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