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Avv. Chiesara: “La povertà educativa colpisce i Paesi di tutto il mondo”

La povertà educativa è la condizione in cui un bambino o un adolescente si trova privato del diritto all’apprendimento e a sviluppare le proprie capacità. Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda perché la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce anche le future opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse educative. Interris.it ne ha parlato con l’avvocato Marco Chiesara, presidente di WeWorld Onlus, organizzazione che opera in venticinque Paesi del mondo per garantire i diritti delle comunità più vulnerabili e fragili. 

Avvocato Chiesara, quali sono le cause della povertà educativa?

“Partiamo dal presupposto che si tratta di un fenomeno che colpisce Paesi di tutto il mondo. In zone come la Siria, ad esempio, è difficile studiare a causa delle scarse infrastrutture, rovinate dai tanti anni di conflitto, mentre in Tanzania, i ragazzi hanno difficoltà a raggiungere le aule scolastiche e per farlo devono camminare per molti chilometri a piedi.  In Italia invece, la povertà educativa è un fenomeno complesso che si registra in particolare nei quartieri più problematici delle grandi città dove troviamo anche una povertà economica e una mancanza di opportunità. Il rischio è che bambini provenienti da contesti di disagio accumulino più carenze rispetto ai coetanei che vivono in luoghi e in condizioni socio-economiche migliori e che di conseguenza rimangano esclusi da una serie di esperienze fondamentali per la loro crescita personale. Queste diseguaglianze si acuiscono nei periodi in cui il regolare svolgimento delle lezioni scolastiche non è garantito, come il periodo estivo o nei recenti periodi di DaD”.

Parliamo del nostro Paese, come è la situazione?

“Lo scoppio della pandemia ha avuto delle conseguenze sul sistema educativo e ha aggravato la condizione educativa di tutti coloro che già erano a rischio di esclusione sociale. Una delle manifestazioni più visibili della povertà educativa è la dispersione scolastica. Nel 2019, con un tasso di abbandono del 13,5%, l’Italia era tra i Paesi peggiori d’Europa. Se nel 2020 il dato a livello nazionale è sostanzialmente stabile (13,1%), a livello territoriale invece si è registrato un peggioramento. Nel 2019, 7 regioni su 20 hanno raggiunto l’obiettivo europeo di riduzione al 10% della dispersione scolastica, mentre nel 2020 il numero si abbassa a 5 su 20. Le regioni peggiori sono quelle del Sud, con tassi di dispersione scolastica intorno al 20%”.

Quali sono le conseguenze della mancanza di educazione?

“Abbandonare la scuola o non acquisire le competenze adeguate ha degli effetti significativi sulle prospettive future che si traducono in un basso tasso di partecipazione al sistema di educazione terziaria e nell’alto tasso di disoccupazione giovanile. In Italia, il 64% di coloro che non hanno completato gli studi non trova un lavoro. Sempre nel nostro Paese, nel 2020 solo il 27,6% dei giovani possedeva una laurea o un titolo di istruzione terziaria, mentre il tasso di disoccupazione della fascia tra i 15 e i 24 anni era del 29,4% con picchi di quasi il 50% in Sicilia, Calabria e Campania”.

Avvocato Chiesara, come risolvere il problema dell’istruzione nel mondo?

“Noi di WeWorld ci muoviamo a seconda del Paese e della situazione di povertà in cui esso si trova. Mettiamo dunque in azione degli interventi che tengono in considerazione per esempio la salute, l’acqua, il cibo, e la parità di genere perché crediamo fortemente che queste componenti siano una complementare dell’altra.  Per cui sappiamo che non ci potrà mai essere parità di genere senza istruzione e viceversa, oppure sappiamo che nessun bambino potrà apprendere bene se è mal nutrito o gli manca l’acqua. Noi interveniamo attraverso un modello educativo fondato su pratiche inclusive finalizzate a garantire il diritto allo studio e all’educazione. Lo facciamo con un supporto scolastico e psicologico e con l’orientamento per la scelta dei percorsi formativi post scuola e con laboratori di educazione non formale”. 

Elena Padovan

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