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Autismo: ancora oggi mancano servizi adeguati

Il numero delle persone con autismo sono in continuo aumento. Ancora oggi però mancano dei servizi adeguati che aiutino all’integrazione di tutti coloro che convivono con questa condizione. A mancare l’obiettivo per primo è il Servizio sanitario nazionale che non offre dei percorsi terapeutici all’altezza e al compimento della maggiore età sparisce quasi completamente. Al secondo posto poi, il sistema scolastico che nonostante i tanti cambiamenti di questi ultimi anni, ancora oggi non forma degli insegnanti di sostegno specializzati in autismo.

ANGSA

L’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo nasce nel 1985 per difendere i diritti delle persone con autismo e delle loro famiglie. È stata costituita da un gruppo di persone che con tanta cura ogni giorno sta vicino a coloro che vivono con questa condizione.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Benedetta Demartis, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo. Lei, madre di una ragazza con autismo, ha spiegato quali sono problematiche legate al sistema sanitario nazionale e a quello scolastico.

Vicepresidente, il fenomeno dell’autismo è in crescita?

“Sì e i dati nelle mani del Ministero dell’Istruzione e del Merito parlano di un caso di autismo ogni settantasette nati, ma si tratta di una stima in difetto. Nonostante infatti la diagnosi ad oggi sia più puntuale e precisa, ci sono ancor ancora molti bambini con autismo ad alto funzionamento che scoprono la loro condizione in età più avanzata, mentre in altri casi mancano ancora le competenze per riconoscerlo”.

Fino alla maggiore età la persona con autismo è tutelata dal sistema nazionale sanitario?

“Purtroppo solo parzialmente. Una volta avuta la diagnosi il bambino viene affidato alla neuropsichiatria infantile, ma la presa in carico non è mai adeguata in quanto il personale disponibile non è equiparato al numero dei minori che necessitano di questo aiuto. I servizi offerti sono percorsi di psicomotricità e di logopedia che non servono a molto, mentre servirebbero dei medici e degli operatori esperti in autismo, capaci di affrontare le esigenze di questa condizione”.

Ci sono alternative al sistema nazionale pubblico?

“Sono sempre di più le famiglie che si rivolgono ai centri privati, che presentano dei costi molto alti. Anche in questo caso però non è tutto oro ciò che luccica. Purtroppo infatti non tutti questi centri erogano la qualità che millantano e anche in questo caso a subirne le conseguenze sono i bambini che non possono accedere a dei percorsi terapeutici adeguati, fondamentali per una buona resa della terapia prevista per loro”.

Questa situazione si presenta anche a scuola?

“Assolutamente sì perché il personale di sostegno non ha alcuna specializzazione in autismo, per cui nella migliore delle ipotesi ci troviamo di fronte a degli autodidatti che per per amore verso il proprio lavoro cercano di capirne qualcosa. La colpa può essere data al nostro sistema scolastico che non obbliga ad avere una specializzazione pedagogica precisa. Inoltre, non aiuta il fatto che a questi alunni, come gli altri con fragilità, non viene garantita una continuità e ogni anno cambiano insegnante di sostegno”.

Che cosa accade al compimento dei diciotto anni?

“Scatta una data che rende le persone con autismo orfane della sanità pubblica e dell’istruzione. Sopratutto nei casi di autismo grave, in cui la scuola fino a quel giorno non è stata in grado di insegnare ad acquisire delle competenze e un grado di autonomia basilare, il ragazzo finisce per rimanere a casa con pochissime relazioni sociali e la sua condizione non può che peggiorare. A sua volta, con il compimento della maggiore età anche i servizi sanitari si modificano e il ragazzo con autismo viene preso in carico o dalla psichiatria, o dai dipartimenti di salute mentale. Qui la situazione si deteriora ancora di più in quanto gli psichiatri presenti non sono per nulla formati in materia di autismo”.

Dove sbaglia il sistema sanitario nazionale?

“C’è una sorta si superficialità che porta a pensare che l’autismo in età adulta deve essere curato da degli psichiatri. La realtà invece è che la psichiatria studia la psiche e tutte le conseguenze che un suo malfunzionamento può provocare. Serve una doverosa consapevolezza che l’autismo non ha nulla a che fare con la psiche, ma si tratta di una condizione neurologica, che va trattata da specialisti che si sono formati adeguatamente per capire un cervello che funziona in modo diverso. A ottobre scorso l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le linee guida sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti che include 27 raccomandazioni e 1 indicazione di buona pratica clinica che gli esperti professionisti, familiari e persone autistiche hanno formulato sulla base della letteratura più aggiornata e della loro esperienza professionale e personale. Nell’ultimo capitolo si parla anche degli adulti e questo passo in avanti fa ben sperare in un repentino cambiamento culturale che possa portare a migliorare i servizi per chi convive con questa condizione”.

Elena Padovan

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